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Ucciso a 23 anni, stangata per 2 ras. Boss scagionato

Castel Volturno/San Cipriano d’Aversa/Casapesenna. Una nuova sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Napoli ha riscritto la verità giudiziaria sull’uccisione di Michele Della Gatta, 23 anni, avvenuta nel giugno 1999 a Castel Volturno. Assolto Michele Zagaria, mentre sono arrivate condanne per Vincenzo Schiavone, detto Petillo (30 anni), e Antonio Iovine, ex figura di spicco del clan, oggi collaboratore di giustizia, condannato a 10 anni e 8 mesi.

Il verdetto di secondo grado, presieduto dalla giudice Maria Rosaria Covelli, ha quindi ribaltato la sentenza emessa in primo grado dal gup Giovanni De Angelis.

Secondo gli inquirenti, Della Gatta – considerato vicino ai figli di Francesco Schiavone, noto come Sandokan – fu eliminato come “capro espiatorio” per distogliere l’attenzione da un altro delitto: quello di Carlo Amato, figlio del boss Salvatore Amato, assassinato durante una festa studentesca a Santa Maria Capua Vetere.

Proprio Salvatore Amato, collaboratore di giustizia e figura storica del clan Belforte, aveva puntato il dito sui rampolli della famiglia Schiavone. Per evitare ripercussioni, fu deciso di sacrificare Della Gatta, descritto da Antonio Iovine come “poco affidabile e inadatto alla vita criminale”. Secondo il pentito, l’eliminazione fu condivisa dai vertici del clan, tra cui Nicola Panaro, per tutelare altri membri della famiglia.

A compiere materialmente l’agguato, stando alle ricostruzioni, furono Vincenzo Schiavone “Petillo” e un altro affiliato, Vincenzo Schiavone detto “copertone”, poi deceduto.

L’episodio resta emblematico di un periodo segnato da regolamenti di conti interni ai clan, in cui le dinamiche del potere criminale si intrecciavano a vendette trasversali e silenzi imposti.

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