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Blitz della Dda sui rifiuti, 37 indagati: arrestato imprenditore casertano. TUTTI I NOMI

LUSCIANO. Sono nove le ordinanze cautelari emesse dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di altrettante persone accusate, a vario titolo, di associazione a delinquere, traffico illecito di rifiuti, ostacolo ai controlli e gestione illecita di rifiuti.

Imprenditore casertano ai domiciliari

Questa mattina i provvedimenti sono stati eseguiti dai carabinieri del Gruppo per la Tutela dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica di Napoli, con il supporto dei comandi provinciali delle zone coinvolte, nelle province di Bari, Taranto, Trani/Barletta, Brindisi, Caserta, Napoli, Avellino, Cosenza, Matera, Campobasso, Viterbo e Potenza. Tra gli arrestati, sottoposti agli arresti domiciliari, figurano:

  • Raffaele Arzillo, 46 anni, di Lusciano;
  • Emanuele Calvelli, 50 anni, di Leporano;
  • Giuseppe Dimaggio, 60 anni, di Pulsano;
  • Stefano Alfonso Friolo, 66 anni, di Pulsano;
  • Raffaella Amoruso, 49 anni, di Bisceglie;
  • Paolo Bisceglia, 72 anni, di Bisceglie;
  • Claudio Botticelli, 66 anni, di Albano Laziale;
  • Lorenzo Francese, 72 anni, di Cassano allo Ionio (Cosenza);
  • Giovanni Incampo, 36 anni, di Altamura.

Altre 28 persone risultano indagate a piede libero.

L’indagine dei carabinieri del Noe

Le indagini, avviate a giugno 2023 e condotte dai carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico (Noe) di Lecce, Bari e Napoli, hanno coinvolto diverse regioni. Grazie a intercettazioni, videoriprese e pedinamenti, è stato scoperto un vasto sistema di abbandono e smaltimento illecito di rifiuti speciali, pericolosi e non.

Gli indagati avrebbero creato un sistema fraudolento basato su una falsa autorizzazione ambientale, rilasciata all’impresa Eko Srl di Onano (Viterbo), che attestava la disponibilità di un impianto per il trattamento dei rifiuti. Tramite documenti falsi, i rifiuti venivano trasportati illegalmente da Puglia e Campania verso siti di smaltimento non autorizzati in Puglia, Calabria, Campania e Basilicata, in particolare nelle province di Taranto, Cosenza, Avellino e Matera.

I materiali, invece di essere conferiti presso impianti autorizzati, venivano abbandonati su terreni o in capannoni dismessi nelle province di Taranto e Matera, oltre che in aree agricole del cosentino.

Il sistema dello smaltimento illegale

L’inchiesta, coordinata dalla Dda di Lecce, ha svelato l’operato di una struttura criminale ben organizzata, con base in Campania, specializzata nello smaltimento illecito di rifiuti speciali.

Gli scarti, confezionati in balle reggiate e composti prevalentemente da rifiuti industriali e urbani, oltre che da scarti tessili, venivano raccolti e trasportati senza rispettare le norme di smaltimento, con l’obiettivo di evitare i costi di gestione legale. Dopo il trasporto, i rifiuti venivano abbandonati in terreni o capannoni dismessi, creando una vera e propria filiera del commercio illecito che comprendeva tutte le fasi: consegna, ricezione, intermediazione, trasporto e smaltimento abusivo.

L’analisi delle dinamiche ha permesso di ricostruire un collaudato sistema basato sulla falsa classificazione dei rifiuti da parte degli impianti di produzione e sulla documentazione mendace che indicava siti di destinazione inesistenti. Ciò consentiva di giustificare i trasporti e di proseguire l’illecito smaltimento in siti non autorizzati, individuati di volta in volta dagli organizzatori.