Casal di Principe/Parete. E’ stato disposto il carcere duro per Gianluca Bidognetti, figlio del capoclan dei Casalesi Francesco Bidognetti, detto “Cicciotto e Mezzanotte”, arrestato il 22 novembre scorso insieme alle sorelle Teresa e Katia, ai cognati e altre parenti, con l’accusa di aver riorganizzato dal carcere.
Il giovane è detenuto da oltre 14 anni per il tentato omicidio di zia e cugina e sarebbe dovuto uscire nel 2023, ma dopo il maxi blitz di novembre per lui è arrivata un’altra tegola. Il ministro della Giustizia ha firmato il provvedimento di applicazione del 41bis per Nanà, detenuto a Trapani.
Il processo
A giugno il giovane rampollo della famiglia Bidognetti è atteso in aula per il processo immediato, senza il filtro dell’udienza preliminare, per 39 persone, tra cui figli e generi del capo dei Casalesi Francesco Bidognetti, alias Cicciotto e Mezzanotte, accusati di aver riorganizzato negli ultimi anni il clan di camorra, in particolare le fazioni Bidognetti e Schiavone.
A disporre il processo immediato è stato il Gip del tribunale di Napoli Isabella Iaselli, che ha accolto la richiesta presentata dai sostituti procuratori della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli Maurizio Giordano, Graziella Arlomede, Fabrizio Vanorio, Vincenzo Ranieri.
Figli e stipendi
Sotto processo agli inizi di giugno andranno i tre figli di Cicciotto, ovvero proprio l’ultimogenito Gianluca, le sorelle Teresa e Katia, i mariti di queste ultime Vincenzo D’Angelo e Carlo D’Angiolella, Emiliana e Francesca Carrino, rispettivamente zia e cugina dei figli del boss (Emiliana è la sorella di Anna, attualmente collaboratore di giustizia nonché ex compagna del boss e madre di Gianluca, Katia e Teresa), e storici affiliati ai Bidognetti come Giosuè Fioretto, marito di Emiliana, e Nicola Kader Sergio, moglie di Francesca e ritenuto capozona a Castel Volturno per conto del clan.
Tra le accuse, oltre a quella di aver riorganizzato il clan soprattutto attorno a Gianluca, nonostante questi fosse in carcere dal 2008 per il tentato omicidio della zia e della cugina Francesca, anche le estorsioni ai danni di numerosi operatori commerciali (un imprenditore è stato attinto alle gambe da colpi d’arma da fuoco), il controllo del settore delle onoranze funebri grazie ad accordi risalenti agli anni ’80 con aziende operanti sul territorio, il traffico di sostanze stupefacenti. Secondo gli inquirenti ad attuare fuori dal carcere le direttive di Gianluca Bidognetti sarebbero state le sorelle Katia e Teresa, che avrebbero percepito lo stipendio del clan, e i mariti di queste ultime, in particolare quello di Katia, Vincenzo D’Angelo.
La versione di Nanà
“In carcere non ho mai ordinato un omicidio, né comunicato all’esterno con un cellulare introdotto illegalmente, e non ho mai ordinato le estorsioni, fatte da altri spedendo il nome mio e di mio padre” dichiarò il giovane nel corso dell’interrogatorio di garanzia reso dopo la nuova ordinanza di novembre.
“Sono da quasi 15 anni in carcere, non avrei potuto fare nulla”; il 34enne ha spiegato di non aver mai ricevuto in tanti anni sequestri di cellulari in carcere, ma solo di una pennetta contenente film.
Sul presunto agguato ordinato dal carcere di un parente del boss Emilio Martinelli, Gianluca Bidognetti ha respinto con forza l’addebito. “Non ho mai ordinato un omicidio per la lite tra due bimbi, come ho visto scritto nell’ordinanza; sono legato da una profondo amicizia ad Emilio Martinelli”.
Il rampollo del boss ha poi negato di aver ordinato estorsioni. “Non ho mai ricevuto soldi da nessuno, hanno solo usato il mio nome”.