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Mattanza in carcere, garante fa i nomi: “Mi dissero che erano solo perquisizioni”

 

SANTA MARIA CAPUA VETERE.Dopo i pestaggi del sei aprile 2020 dei detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere, presentai una prima denuncia alla Procura l’otto aprile, poi in quei giorni parlai con l’allora direttore facente funzioni del carcere, Maria Parenti, con il capo degli agenti Gaetano Manganelli e con il provveditore campano alle carceri Antonio Fullone, e tutti e tre mi risposero che il 6 aprile c’era stata una perquisizione in risposta alle proteste del 5 aprile per la positività al Covid di un detenuto, qualcuno dei tre mi disse speciale, e nulla più”.

Così il garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello, sentito come testimone al processo in corso all’aula bunker del carcere di Santa Maria Capua Vetere in cui sono 105 gli imputati tra agenti penitenziari, funzionari del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e medici Asl in servizio al carcere, ha ripercorso, sollecitato dalle domande del pm Alessandro Milita, quei momenti successivi ai pestaggi del 6 aprile, in cui dovette muoversi con i piedi di piombo, anche perché i reclusi che via via denunciavano i pestaggi, spiega Ciambriello, “avevano paura di ritorsioni e di essere trasferiti in altre carceri”.

Un “muro” quello che Ciambriello si trovò di fronte, visto che nessuno dal carcere – tra funzionari, medici ed agenti – o dal Dap fece trapelare nulla di quanto accaduto realmente il 6 aprile. “Fullone – riferisce ancora il garante – mi disse che avevano sequestrato ai detenuti pentolini con olio e bollente, oggetti contundenti. Io avevo informazioni anche su violenze ai detenuti ma non gli contestai nulla”. (