CASAL DI PRINCIPE. Un altro figlio di Sandokan è pronto a collaborare con i magistrati. Nella mattinata di ieri nel corso del processo sul racket della mozzarella Walter Schiavone, secondogenito del boss Francesco, ha parlato in aula vuotando il sacco e ammettendo le responsabilità sue e dei suoi sodali nell’imposizione dei prodotti caseari ai negozi e ai supermercati dell’agro aversano.
Schiavone ha già avviato un percorso di collaborazione evidenziando alla Dda che gli introiti delle estorsioni sulle mozzarelle servivano servivano per mantenere i familiari e le persone vicine al clan ristrette al 41bis. Una mossa che può segnare un colpo letale al sistema Schiavone dopo quello inferto dal primogenito Nicola, l’ex boss che sta continuando – con le sue dichiarazioni – a svelare retroscena di fatti di sangue e accordi tra politici e camorra, provocando numerosi arresti.
Nella prossima udienza – fissata per il 17 dicembre – potrebbe arrivare la conferma definitiva del nuovo status di Walter Schiavone.
Gli ordini della località protetta
Avrebbero obbligato vari titolari di caseifici della penisola sorrentina a vendere in via esclusiva i loro prodotti alle aziende riconducibili al clan dei Casalesi, che li avrebbero poi distribuiti in regime di monopolio nella stessa penisola sorrentina e nel Casertano, in particolare ad Aversa e nei comuni limitrofi. E’ l’accusa a carico del 40enne Walter Schiavone, figlio del padrino dei Casalesi Francesco “Sandokan” Schiavone, finito in carcere nell’ambito di un’indagine della Dda di Napoli.
Schiavone era in una località protetta, per via della collaborazione del fratello Nicola, quando i carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta sono andati a prelevarlo notificandogli l’ordinanza emessa dal Gip di Napoli. Proprio dalla località protetta il secondogenito di Sandokan dava ordini per mandare avanti il racket della mozzarella. I prodotti venivano acquistati sotto costo in Penisola Sorrentina e poi rivenduti in regime di monopolio.