
Santa Maria Capua Vetere. Una giornata lunga e particolarmente densa di implicazioni quella andata in scena nell’aula bunker del penitenziario di Santa Maria Capua Vetere, dove prosegue il processo per le presunte violenze commesse ai danni dei detenuti il 6 aprile 2020. Alla sbarra ci sono 105 imputati, tra cui agenti della polizia penitenziaria, funzionari, sanitari e dirigenti del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.
Protagonista della seduta, durata ore, è stato il tenente dei carabinieri Felice Izzo, che ha avuto un ruolo centrale nelle indagini preliminari. Il dibattimento si è concentrato in particolare su alcune conversazioni trovate nei telefoni di alcuni degli imputati e ritenute, in un primo momento, indizi cruciali a sostegno dell’ipotesi di una violenza organizzata e deliberata.
Tuttavia, nel corso del controinterrogatorio, sono emersi dettagli che mettono in dubbio la pertinenza di tali messaggi rispetto ai fatti di quella giornata. Tra i contenuti contestati, la frase «abbattiamoli come vitelli» – ripresa più volte da media e provvedimenti giudiziari – non sarebbe stata scritta da alcun agente effettivamente in servizio a Santa Maria. Si tratterebbe, infatti, di un messaggio apparso in una chat collettiva composta da 38 agenti operanti in carceri diversi. Il teste ha ammesso che, pur essendo visibili i nomi dei membri del gruppo, non vennero eseguiti controlli puntuali sulla loro identità e sul loro coinvolgimento effettivo nei fatti del 6 aprile.
Un errore d’attribuzione, quindi, basato più su una coincidenza temporale che su una connessione diretta ai fatti. Un’altra conversazione citata nell’accusa è stata riconosciuta in aula come estranea al carcere sammaritano e al personale in servizio in quel giorno. Anche in questo caso si è trattato di un frammento privo di contesto, estrapolato da una chat generica.
Ulteriori dubbi sono stati sollevati sul materiale video raccolto. Nella documentazione presentata agli atti, si legge che tra le 21:56 e le 22:42 del 5 aprile – la sera precedente agli scontri – non ci sarebbero stati segnali di tensione, ma solo immagini di detenuti apparentemente sereni. La difesa, però, sostiene che proprio in quell’arco temporale si sarebbero verificati i momenti più critici della protesta, denunciando quindi una lacuna nella ricostruzione filmata degli eventi.
A complicare la situazione, anche il danneggiamento di un dispositivo DVR contenente le registrazioni, inizialmente acquisito da un perito nominato dalla Procura.