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Telefonini in carcere, 17 indagati. I NOMI

ORTA DI ATELLA/AVERSA/SANTA MARIA CAPUA VETERE.. Si è conclusa l’indagine della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere riguardante l’utilizzo illecito di telefoni cellulari all’interno della casa circondariale cittadina. Sono 17 le persone coinvolte, tutte ristrette nella struttura penitenziaria al momento dei fatti contestati. Gli inquirenti hanno emesso gli avvisi di fine indagine e si avvicina la possibilità di una richiesta formale di rinvio a giudizio nei confronti degli indagati.

Secondo quanto accertato dagli investigatori, gli indagati avrebbero avuto a disposizione telefoni cellulari durante il periodo di detenzione, violando le norme che vietano in modo assoluto l’introduzione e l’uso di dispositivi di comunicazione nelle carceri. Le attività investigative, durate mesi, hanno portato alla raccolta di elementi ritenuti sufficienti per ipotizzare reati in merito all’introduzione e all’uso improprio dei dispositivi elettronici all’interno dell’istituto penitenziario.

Tra i soggetti finiti sotto la lente d’ingrandimento della magistratura figurano: Adolfo Oliva (44 anni, originario di Casaluce), Luigi Ambrosanio (32 anni, di Massa di Somma), Mihai Atudorei (37 anni, cittadino rumeno residente a Pisticci, in provincia di Matera), Riccardo Barbato (47 anni, di Calvi Risorta), Francesco Baracca (40 anni, di San Marcellino), Donato Bellotti (26 anni, di Orta di Atella), Domenico Bevilacqua (55 anni, di Santa Maria Capua Vetere), Marius Lacatus Cociu (33 anni, cittadino rumeno domiciliato a Napoli), Cristian Costache (28 anni, rumeno residente a Casagiove), Carmine Daniele (38 anni, di Aversa), Lorenzo Menditto (31 anni, anche lui di Aversa), Ilario Margherita (37 anni, di Casaluce), Biagio Merola (36 anni, di Santa Maria Capua Vetere), Asan Mirel (40 anni, rumeno domiciliato a Napoli), Nicola Savio (30 anni, di Aversa), Emanuele Titas (33 anni, di Napoli) e Giuseppe Vitolo (48 anni, originario di Colli del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno).

L’inchiesta potrebbe ora sfociare in un processo, qualora il giudice dovesse accogliere le richieste della Procura.

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