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Fratelli uccisi, carcere a vita per il killer

Cesa. Duplice delitto in via Astragata: condanna all’ergastolo per Antonio Mangiacapre

È arrivata la sentenza per l’uomo ritenuto responsabile dell’omicidio dei fratelli Claudio e Marco Marrandino, avvenuto lo scorso 15 giugno a Cesa. La Corte d’Assise di Napoli ha inflitto il carcere a vita, con 36 mesi di isolamento diurno, ad Antonio Mangiacapre, 54enne operaio del posto, giudicato colpevole di aver sparato e ucciso i due giovani in via Astragata, vicino all’innesto della Nola-Villa Literno.

Le vittime erano Claudio Marrandino, 29 anni, impegnato nel settore edilizio, e Marco Marrandino, 39 anni, avvocato. La decisione della Corte, presieduta da Pasquale Cristiano e con giudice a latere Paola Valeria Scandone, ha accolto pienamente la richiesta di condanna presentata dal pubblico ministero Antonio Vergara della Procura di Napoli Nord. “Una sentenza che dà un segnale forte, anche dal punto di vista umano”, hanno commentato i legali di parte civile Luigi Poziello e Dario Carmine Procentese.

Stando alla ricostruzione degli investigatori, quel giorno i fratelli Marrandino si trovavano a bordo del loro SUV Bmw, quando scoppiò un diverbio con Mangiacapre. L’uomo, armato, avrebbe esploso vari colpi d’arma da fuoco, colpendo prima Claudio, al volante, poi Marco, che avrebbe tentato inutilmente di fuggire. La scena fu notata da una pattuglia dei carabinieri in transito, che riuscì a identificare rapidamente l’autore dell’agguato.

Durante la perquisizione a casa dell’imputato sono state rinvenute diverse armi detenute illegalmente, tra cui un fucile con canne mozzate e matricola abrasa, una pistola semiautomatica e centinaia di bossoli. Tuttavia, la pistola utilizzata per il delitto non è ancora stata ritrovata.

Le indagini, inizialmente orientate su possibili motivazioni legate a questioni ereditarie o giudiziarie, hanno poi escluso tali piste. Gli inquirenti ritengono che Mangiacapre abbia agito in preda a una rabbia improvvisa, senza alcuna reale premeditazione. Tentativi di depistaggio da parte dell’imputato, come la creazione di falsi alibi attraverso visite in cliniche e aziende agricole, sono stati smontati dagli investigatori. A difenderlo in aula, l’avvocato Paolo Caterin. Le motivazioni della sentenza saranno rese note entro 90 giorni.

 

 

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