
SAN CIPRIANO D’AVERSA. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato da Enrico Martinelli, figura rilevante del clan dei Casalesi attualmente sottoposto al regime del 41-bis, relativo al sequestro di alcune lettere a lui destinate. Il provvedimento contestato era stato disposto dal Tribunale di Sorveglianza di Milano, che aveva rilevato criticità nei contenuti della corrispondenza.
Secondo quanto si legge nella motivazione depositata di recente, la decisione di bloccare le comunicazioni si basa su due elementi centrali: da un lato, l’assenza di una chiara identificazione del mittente; dall’altro, la natura ambigua dei testi, considerata potenzialmente idonea a veicolare messaggi occulti. Le lettere contenevano infatti riferimenti che, secondo i magistrati, potrebbero mascherare istruzioni indirizzate all’esterno per mantenere contatti illeciti.
La Cassazione ha ribadito l’importanza di un rigido monitoraggio delle comunicazioni in carcere, in particolare per chi è sottoposto al carcere duro, al fine di impedire che i detenuti continuino a gestire attività criminali tramite messaggi criptati. In assenza di dispositivi tecnologici, le lettere rappresentano ancora uno dei principali mezzi per comunicare con l’esterno.
Il caso Martinelli si inserisce in un contesto già noto. In precedenza, alcune lettere indirizzate al figlio Emilio — anche lui recluso per reati di stampo mafioso — erano state temporaneamente fermate per anomalie formali, per poi essere consegnate dopo ulteriori verifiche sull’indirizzo.
Enrico Martinelli sta scontando una condanna all’ergastolo per un duplice assassinio avvenuto a Grazzanise nel 2003. Il figlio Emilio, ritenuto dagli inquirenti una nuova figura di riferimento per la fazione di San Cipriano d’Aversa, sta espiando una pena di dieci anni di reclusione.