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Maltrattamenti silenziosi, costruttore finisce nei guai

GRICIGNANO D’AVERSA. Il Tribunale di Napoli Nord, presieduto dalla giudice Marina Napolitano, ha inflitto una pena di 3 anni e 3 mesi di reclusione a G. B., imprenditore edile originario di Gricignano di Aversa, disponendo inoltre la sospensione per 5 anni della responsabilità genitoriale e il risarcimento dei danni in favore della parte civile.
La decisione si distingue per l’importante riconoscimento di forme di abuso non fisiche, spesso invisibili ma profondamente dannose: si tratta di violenza psicologica e violenza economica, che il giudice ha ritenuto elementi centrali nel comportamento dell’imputato.
Il tribunale ha fatto proprie le argomentazioni legale della vittima, che ha evidenziato la gravità di dinamiche familiari oppressive, anche in assenza di aggressioni fisiche. «Ridurre il reato previsto dall’articolo 572 del codice penale alle sole manifestazioni di violenza fisica è un errore interpretativo che ignora realtà molto più complesse. Minacce, pressioni psicologiche, ricatti economici che alterano l’equilibrio di coppia devono essere riconosciuti per ciò che sono: forme gravi di maltrattamento. Considerarli semplici conflitti familiari, senza tener conto della disparità e del controllo esercitato, è contrario ai principi sanciti dagli articoli 3 e 29 della Costituzione».
Il giudice ha accolto integralmente la ricostruzione presentata dalla parte civile, segnando un punto di svolta nell’interpretazione giuridica della violenza domestica, che non si limita più solo agli abusi fisici visibili, ma abbraccia anche le ferite interiori spesso ignorate nelle aule di giustizia.
L’avvocato Giuseppe Stellato, difensore dell’imputato, ha già dichiarato l’intenzione di ricorrere in appello. Tuttavia, il valore della sentenza di primo grado resta significativo: non solo per la condanna inflitta, ma per il principio affermato – che la violenza tra le mura domestiche non può più essere valutata solo dai segni esterni, ma anche dai traumi emotivi e dalla perdita di libertà.
In un contesto sociale in cui i casi di maltrattamenti contro le donne sono tristemente frequenti, questa sentenza assume un valore emblematico, ponendosi come esempio di giustizia attenta e consapevole. È un messaggio chiaro: anche ciò che non si vede può e deve essere punito. Perché la dignità non si misura con i lividi, ma con il rispetto.

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