
CASAL DI PRINCIPE. Sospetti su una maxi gara da 350 milioni per i rifiuti a Catania: ipotesi di patto tra clan mafiosi con l’aiuto di figure istituzionali
Una porzione significativa dell’appalto da oltre 350 milioni di euro per la gestione dei rifiuti a Catania sarebbe finita sotto osservazione per presunti legami tra organizzazioni criminali e apparati istituzionali locali. Secondo gli inquirenti della Procura di Catania, che stanno esaminando un dossier trasmesso dai colleghi napoletani, vi sarebbe il sospetto di un’intesa tra ambienti della Camorra e di Cosa Nostra, facilitata dall’intervento di personalità legate al Comune etneo.
L’indiscrezione è emersa grazie a un articolo pubblicato recentemente da La Sicilia e ha riportato all’attenzione pubblica il nome di Giuseppe Castiglione, già presidente del Consiglio comunale di Catania ed ex deputato regionale, finito in manette a febbraio nell’ambito dell’operazione antimafia “Mercurio”. In quell’occasione, gli inquirenti avevano già evidenziato presunti rapporti tra il politico vicino all’Mpa e figure di rilievo della cosca Santapaola-Ercolano.
Il lotto sotto accusa
Sotto il microscopio dei magistrati c’è una delle sezioni dell’appalto per la raccolta dei rifiuti urbani nei quartieri settentrionali del capoluogo etneo. L’aggiudicazione, avvenuta all’inizio del 2022, è andata alla società SuperEco, i cui amministratori risultano ora sotto inchiesta. L’ipotesi avanzata dagli investigatori è che l’azienda abbia beneficiato del sostegno della criminalità organizzata per assicurarsi il contratto, dal valore superiore ai 76 milioni di euro.
L’ombra lunga di Ferraro
Figura chiave dell’indagine è Nicola Ferraro, imprenditore campano noto alle cronache giudiziarie e già condannato in via definitiva a più di dieci anni per legami con la mafia. Conosciuto con il soprannome di “Fucone”, Ferraro avrebbe costruito la propria rete sotto la protezione della fazione Schiavone del clan dei Casalesi, da sempre tra le più influenti dell’intero cartello camorristico.
Nonostante la detenzione, la sua autorevolezza all’interno degli ambienti mafiosi non sarebbe diminuita, anche grazie alla scelta di non collaborare con la giustizia. Questa posizione gli avrebbe permesso di consolidare il proprio ruolo e di essere considerato a tutti gli effetti un affiliato dell’organizzazione criminale.
“Ferraro ha avuto un ruolo politico importante in passato, fungendo da punto di riferimento per noi a livello regionale. Era anche proprietario di aziende che operavano nel campo dell’igiene urbana e della disinfestazione,” aveva rivelato nel 2018 Nicola Schiavone, poi divenuto collaboratore di giustizia.
Negli anni successivi, Ferraro sarebbe riuscito a esercitare la propria influenza anche fuori dai confini campani, costruendo un vero e proprio meccanismo fondato sulla corruzione di pubblici ufficiali e sulla penetrazione nel sistema degli appalti pubblici, secondo quanto sostenuto dalla Procura partenopea.
L’apporto di Domenico Romano
Un ruolo rilevante nell’inchiesta è ricoperto da Domenico Romano, già associato a storici clan camorristici come gli Alfieri e i Nuvoletta. Dopo essere stato oggetto di una serie di perquisizioni da parte delle forze dell’ordine, Romano ha deciso di rompere il silenzio, fornendo dichiarazioni fondamentali per ricostruire la presunta rete corruttiva.
Le accuse su Castiglione
Tra le testimonianze raccolte dagli investigatori napoletani e successivamente trasmesse alla magistratura siciliana, vi è anche quella relativa all’appalto ottenuto da SuperEco, società riconducibile alla famiglia Ciummo. Vittorio e Carlo Ciummo, rispettivamente di 64 e 38 anni, risultano indagati.
Romano ha raccontato agli inquirenti che Ferraro gli avrebbe parlato proprio della famiglia Ciummo, manifestando interesse affinché uno dei suoi membri ottenesse un importante contratto a Catania. “Ferraro mi parlò di un certo Ciummo, imprenditore desideroso di ottenere un appalto rilevante bandito dal Comune per la gestione dei rifiuti,” ha dichiarato Romano. “Mi chiese se potevo dargli una mano. Mi rivolsi a un vecchio amico con buoni contatti in Sicilia, chiedendogli di sondare il terreno tra i suoi riferimenti politici per capire se c’erano margini per far vincere Ciummo. Mi rispose che si sarebbe confrontato con il presidente del Consiglio comunale.”
Secondo quanto emerso, il politico in questione sarebbe proprio Giuseppe Castiglione, che ricopriva la carica di presidente del Consiglio comunale di Catania nel periodo dei fatti e che nel 2022 è stato eletto deputato all’Assemblea Regionale Siciliana. Il suo nome è tornato agli onori della cronaca pochi mesi fa, quando è stato arrestato con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso con esponenti del clan Santapaola-Ercolano.