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Si prostituisce per i debiti: “Ecco quanto pagavo per un posto”

CASTEL VOLTURNO. “Mi sono trasferita in Italia con l’intenzione di sottopormi a interventi estetici. A farmi da tramite fu Pamela, una persona che avevo conosciuto nel 2012. Ben presto, però, iniziai a lavorare per lei: affittavo un appartamento per esercitare la prostituzione e pagavo 300 euro al mese. Quando stavo in strada, versavo 150 euro per il posto e altri 50 andavano a lei. Non avevo scelta: dovevo lavorare per forza, nulla era gratuito”.

È la testimonianza resa davanti alla Corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere da una prostituta transgender, nota con il nome d’arte ‘Danilo’, nell’ambito del processo a carico di 11 persone accusate di far parte di un’organizzazione criminale specializzata nella tratta di esseri umani e nello sfruttamento della prostituzione di persone transgender provenienti dal Brasile.

La corte ha ascoltato il racconto dettagliato della testimone, che ha spiegato come, dopo un blitz dei carabinieri a Ischitella e la chiusura di un appartamento, Pamela spostò le attività in altre tre abitazioni. In quel periodo – ha dichiarato – la donna perse parte del suo controllo sulla rete e chiese proprio a lei di assisterla come segretaria. “Lei gestiva il traffico di trans, li faceva arrivare dal Brasile e li faceva lavorare in Campania come prostitute”.

‘Danilo’ ha poi raccontato i metodi di controllo imposti dal gruppo: “Chi si ribellava veniva picchiato. Elen ci sorvegliava mentre eravamo in strada. Paula, quando si trovò sommersa dai debiti, divenne assistente di Pamela. Suzuki, che mi introdusse al lavoro in strada, iniziò anche lei a collaborare col traffico. Tamara, conosciuta in un concorso di bellezza, finì per raccogliere il denaro per Pamela e fu anche tra quelle che usavano la violenza per mantenere l’ordine. Daniele faceva l’autista, sia per noi che per Pamela. Fatima curava l’arrivo dei trans dal Brasile e si faceva pagare 300 euro per ogni invito formale, mentre Luba organizzava il loro spostamento da Milano alla Campania”.

La testimone ha anche parlato delle intimidazioni ricevute, riferendo episodi inquietanti: “Un giorno Pamela mi fece trovare delle statuette religiose decapitate come avvertimento. Ho deciso di denunciare tutto perché non volevo più quella vita”.

Tra gli imputati figurano: Ricardo José Santos De Silva (alias Pamela), Rafael Nunes Ds Conceicao (Tamara), Anderson Lima De Jesus, Julia Matos Machado, Paulo Rogiero Carneiri Da Silva (Elen), Louis Lazaro Barbosa (Marcela), Paulo Henrique Alves De Lims (Paula), Fatima Jussara Neve Benfica, Jonathas De Albuquerque (Luna Vodianova), Daniele D’Isanto (Daniel), e Maniche Harley Landrioll (Suzuki).

Il sistema della tratta: come operava la rete criminale

Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e svolte dalla squadra mobile di Caserta, hanno messo in luce l’esistenza di una struttura criminale ben organizzata e ramificata tra Brasile e Italia, capace di gestire un vero e proprio mercato della prostituzione transgender a Castel Volturno.

Dalla città di San Paolo, un referente si occupava del reclutamento. Una volta garantita la documentazione per il viaggio e acquistato il biglietto (anticipato dall’organizzazione), le persone venivano fatte arrivare in Italia solo dopo l’approvazione da parte dei vertici del gruppo.

All’arrivo all’aeroporto di Milano Linate, le vittime venivano prelevate da altri membri della rete, fornite di una falsa dichiarazione di ospitalità e condotte a Napoli. Da lì, venivano portate in appartamenti a Castel Volturno dove, sotto stretta sorveglianza, erano costrette a prostituirsi per estinguere un debito che superava sempre i 10mila euro e che aumentava costantemente. I cellulari venivano sequestrati, ogni contatto con l’esterno era vietato e chi non obbediva veniva picchiato o sottoposto a pratiche di magia nera per intimorirle e sottometterle.

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