
L’aggiornamento
Cipriano Barbato e Franco Cristiano: sono questi i due nomi ritenuti al vertice della presunta organizzazione criminale smantellata ieri dalla Guardia di Finanza, su disposizione del giudice Maria Cristina Sarli del Tribunale di Bologna. Secondo gli inquirenti, i due avrebbero agito da promotori e coordinatori del sistema, amministrando di fatto una rete di società cartiere, utilizzate per emettere fatture false per un valore complessivo di 38 milioni di euro tra il 2019 e il 2023.
L’operazione ha portato a 29 misure cautelari e ha interessato due regioni: Emilia Romagna e Campania, con un’area d’azione che tocca centri come San Cipriano, Casal di Principe, Teverola, Casaluce, Frattamaggiore e diversi comuni della provincia di Bologna.
Tra gli arrestati figura proprio Cipriano Barbato, portato in carcere, mentre Franco Cristiano è finito agli arresti domiciliari.
Altri nomi noti coinvolti nell’inchiesta sono:
Giovanni Serao, Salvatore Folmi, Bartolomeo Diana, Luigi Russo, Angelo Vitale, Ernesto Del Villano, Giuseppe D’Angelo, Giuseppe Piccolo, Patrizia Frasca e Antonio Pannullo (obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria);
Giovanni Battista Lapolla, Regina Claudia Dos Santos, Lucio, Domenico e Noè Cacciapuoti, Alberto Giardullo, Giovanni Esposito, Aurelio Esposito, Giovanni Fabozzi, Carmine Del Mastro, Irfan Liaqat, Mohamed Sabir, Afrim Daka, Hassan Raza, Andrea Licata, Pasquale Maodio e Marco Pannullo, per i quali è stato disposto il divieto temporaneo di esercitare l’attività di imprenditore per 12 mesi.
Agli indagati sono contestati, a vario titolo, i reati di associazione a delinquere, emissione e utilizzo di false fatture e riciclaggio. Tutti i destinatari dei provvedimenti cautelari sono da ritenersi innocenti fino a eventuale condanna definitiva.
Secondo la Procura di Bologna, si tratta di una struttura piramidale e ben organizzata, nella quale Barbato e Cristiano avrebbero avuto il ruolo chiave nella gestione delle operazioni illecite, orchestrando il sistema delle società cartiere per facilitare un diffuso fenomeno di evasione fiscale.
Il primo lancio
SAN CIPRIANO D’AVERSA/CASAL DI PRINCIPE. Dalle prime ore della mattina, oltre 100 unità composte da operatori della Polizia di Stato e da militari della Guardia di Finanza sono impegnate nell’esecuzione di 29 misure cautelari e 40 perquisizioni in alcune province dell’Emilia-Romagna (Bologna, Ferrara, Modena, Ravenna, Reggio Emilia, Forlì e Rimini), della Campania (Caserta e Napoli) e a Mantova, con il contestuale sequestro preventivo di circa 3 milioni di euro. Molti indagati sono residenti tra Casal di Principe, San Cipriano d’Aversa, Teverola e Casapesenna.
I destinatari dei provvedimenti sono coinvolti, a vario titolo, in un’associazione a delinquere composta da soggetti di origine campana e da numerosi imprenditori presenti sul territorio emiliano-romagnolo, dedita all’emissione e all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti nel settore edilizio per un importo complessivo di circa 24 milioni di euro, nonché al riciclaggio e all’autoriciclaggio degli illeciti proventi conseguiti.
I movimenti sospetti
Si tratta del risultato di una complessa indagine condotta dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica della Polizia Postale per l’Emilia-Romagna coordinato dal Servizio Polizia Postale e per la Sicurezza Cibernetica e dal Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza di Bologna, sotto la direzione del Pubblico Ministero dott. Flavio Lazzarini della Procura della Repubblica di Bologna.
Ad innescare le indagini è stata la segnalazione, di Poste italiane alla Polizia Postale, relativa a movimentazioni sospette, quantificabili in migliaia di euro in entrata ed in uscita in archi temporali ristretti, di un conto corrente da poco aperto presso una filiale del bolognese. Lunghi e complessi accertamenti e attività tecniche specialistiche sugli intestatari hanno permesso di individuare un gruppo di persone, composto da imprenditori reali e fittizi nel campo edile, e di ricostruire rapporti e di dinamiche che integravano quelle proprie di un’associazione per delinquere.
Superbonus 110%, il giro occulto
Detta organizzazione, che sembrava essere legata all’illecito sfruttamento della normativa legata al Superbonus 110%, aveva incentrato i propri affari al core business del riciclaggio e autoriciclaggio del denaro con un meccanismo che veniva innescato attraverso il pagamento di false fatture emesse da imprese fittizie nei confronti di quelle realmente esistenti.
L’estensione e la complessità delle operazioni investigative hanno richiesto il coinvolgimento coordinato dei Centri Operativi per la Sicurezza Cibernetica (C.O.S.C.) distribuiti su tutto il territorio nazionale e il supporto tecnico del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.) della Guardia di Finanza. Un’azione corale che ha visto impegnate in prima linea anche le Sezioni Operative Sicurezza Cibernetica della Regione e gli altri reparti territoriali della Fiamme Gialle.
Attraverso articolate indagini finanziarie, intercettazioni ambientali e pedinamenti, è stato accertato che a fronte della ricezione delle fatture false, le imprese operanti in Emilia-Romagna procedevano al loro pagamento tramite bonifico, salvo poi recuperare la somma con il denaro contante messo a disposizione da ambienti criminali campani, decurtata della percentuale fissata per il “servizio” prestato. In questo modo gli imprenditori riuscivano a pagare meno tasse abbattendo fittiziamente i ricavi, oltre a creare provviste “occulte” da reimmettere nel circuito economico.
I principali indagati, da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva, sono stati raggiunti dalla custodia cautelare in carcere e dagli arresti domiciliari, mentre gli altri componenti del sodalizio criminale sono stati destinatari degli obblighi di presentazione giornaliera alla polizia giudiziaria e dei divieti temporanei di esercitare attività imprenditoriali.