
SANTA MARIA A VICO. La terza sezione penale della Corte di Cassazione, ha respinto il ricorso presentato da Clemente Ferrara, 57 anni, residente a Santa Maria a Vico, contro la decisione della Corte d’Appello di Napoli.
L’uomo era stato precedentemente riconosciuto colpevole dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che gli aveva inflitto una pena di 2 anni di reclusione e una sanzione pecuniaria di 4.000 euro. Secondo l’accusa, Ferrara aveva coltivato 29 piante di marijuana all’interno di un appezzamento di terreno agricolo affittato, situato nei pressi della sua abitazione in via Limite. Le piante, alte tra i 2,5 e i 3 metri, contenevano una concentrazione di THC pari allo 0,54% in peso.
Le indagini
La Corte d’Appello di Napoli, pur confermando la responsabilità dell’uomo, ha riconosciuto le attenuanti generiche, riducendo la pena a 10 mesi e 20 giorni di reclusione, con una multa abbassata a 3.000 euro.
Il legale del 57enne ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che l’appezzamento di terreno fosse sì nella disponibilità del suo assistito, ma distante centinaia di metri dall’abitazione e non collegato direttamente alla sua azienda agricola. Il difensore ha inoltre evidenziato come il campo fosse accessibile da più ingressi, rendendo possibile l’intervento di terzi non autorizzati.
La Suprema Corte, però, ha ritenuto le argomentazioni del ricorso prive di fondamento. Secondo i giudici, non è plausibile sostenere che la piantagione fosse all’insaputa dell’imputato solo per il fatto che il fondo era poco frequentato o facilmente raggiungibile da altri. Al contrario, la presenza di piante di quelle dimensioni, richiedenti cure continue, competenze agronomiche specifiche e un sistema di irrigazione efficiente – che, nel caso in esame, risultava essere collegato proprio all’impianto dell’indagato – ha portato la Cassazione a confermare il quadro accusatorio.