
CASERTA/SAN TAMMARO/AGRO AVERSANO. Uno studio appena pubblicato su Science of the Total Environment, frutto della collaborazione tra l’Università Federico II di Napoli e la Sbarro Health Research Organization (SHRO) della Temple University di Philadelphia, ha rivelato un dato allarmante: anche le zone finora considerate “non inquinate” nella Terra dei Fuochi sono compromesse.
Lo conferma l’analisi di un piccolo ma potentissimo alleato della scienza: il muschio Scorpiurium circinatum, utilizzato come bioindicatore dell’inquinamento atmosferico. Il test ha coinvolto due aree della Campania: una zona industriale nel comune di Giugliano e un sito rurale, considerato “verde e sicuro”, nel bosco della Reggia di Carditello, nel cuore della provincia di Caserta.
Eppure, i risultati sono identici. Il muschio ha assorbito quantità significative di arsenico, piombo, mercurio e rame, tanto da mostrare segni biologici di stress, danni cellulari e attivazione delle difese antiossidanti. In parole semplici: l’aria è avvelenata, e i danni non risparmiano nemmeno le zone verdi e lontane dalle discariche.
Una provincia contaminata: Carditello come Giugliano
Per i casertani, il dato è una doccia fredda. Carditello è sempre stato un simbolo: un luogo di memoria borbonica, un parco da valorizzare, una speranza per la rigenerazione. È da qui che parte la denuncia della dottoressa Adriana Basile, coautrice dello studio:
“Non c’è alcun luogo sicuro nella Terra dei Fuochi. I fumi tossici non si fermano ai confini delle discariche, ma viaggiano, si depositano ovunque. Anche dove crediamo di respirare meglio.”
La campagna, i piccoli comuni del casertano, le aree agricole: nessun rifugio è immune. La contaminazione diffusa dell’aria porta con sé una minaccia costante, sottile, silenziosa, ma letale. E riguarda anche chi vive lontano dai siti “caldi”.
Lo studio: metodo e risultati
Il muschio è stato collocato all’interno di “moss bags”, sacchetti che permettono di assorbire le particelle inquinanti presenti nell’atmosfera. I campioni sono stati lasciati in esposizione per 21, 42 e 63 giorni nei due siti (Carditello e Giugliano), con un confronto effettuato tramite campioni di controllo prelevati dal Monte Faito.
I risultati: dopo appena tre settimane, il muschio di Carditello conteneva 2,2 mg/kg di arsenico, 17 mg/kg di rame, 0,06 mg/kg di mercurio. Valori altissimi, tali da alterare la fisiologia delle piante. E da rappresentare un campanello d’allarme anche per gli esseri umani.
Un pericolo per la salute pubblica
Le conclusioni sono nette: l’inquinamento atmosferico nella Terra dei Fuochi è un rischio sanitario imminente. E non lo dicono solo i ricercatori: lo ha riconosciuto anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che pochi giorni fa ha condannato l’Italia per la cattiva gestione dell’area, parlando apertamente di “rischio imminente per la vita della popolazione”.
“Se un muschio stazionario è in grado di assorbire questi veleni in poche settimane, immaginiamo cosa succede al nostro organismo dopo anni di esposizione”, commenta la dottoressa Iris Maria Forte, già coinvolta nel progetto Veritas.
Lo studio rientra nell’approccio One Health, che lega in modo indissolubile la salute dell’ambiente, quella animale e quella umana. L’equilibrio naturale è spezzato: a rimetterci è la vita.
Un appello al risanamento
Il casertano è da tempo impegnato in battaglie civili per la bonifica della Terra dei Fuochi. Ma oggi la richiesta si fa urgente. Le prove scientifiche mostrano che anche i polmoni verdi della provincia sono compromessi. L’aria che respiriamo, anche lontano dai roghi visibili, è intrisa di sostanze nocive. La politica, le istituzioni, le comunità locali devono rompere il silenzio e agire.
Serve un piano straordinario di monitoraggio, bonifica e prevenzione, capace di partire dai dati e arrivare fino alle famiglie. Il muschio ha parlato. Ora tocca a noi.