
CAPUA/TEVEROLA. Capua emerge come crocevia decisivo per lo smercio di droga nel territorio casertano, grazie alle dichiarazioni del neo collaboratore di giustizia Francesco Di Chiara. Le sue parole non solo confermano l’esistenza di una rete ben organizzata tra Aversa e Teverola, ma rivelano anche il ruolo centrale di alcuni soggetti capuani nei traffici illeciti del clan Picca, oggi al centro di un doppio filone processuale.
La cassa ad Aversa
Di Chiara, ex membro dell’organizzazione, racconta di essere stato coinvolto in questo sistema a partire dal 2018, subito dopo la scarcerazione di Salvatore De Santis. “Mi mandò a chiamare tramite Michele Vinciguerra – riferisce – e con me anche Raffaele Santoro, Antonio Zaccariello e altri. L’obiettivo era mettere in piedi una rete stabile di spaccio tra Aversa e Teverola”.
Secondo il pentito, il punto nevralgico delle operazioni era rappresentato dalle Case Ina di Aversa, ma il vero cuore logistico ed economico era nelle mani di Vinciguerra. “Gestiva i rapporti con i fornitori e teneva la cassa comune – spiega – una cassa utilizzata per pagare stipendi e comprare nuova droga. Il mio compito era trasportare le sostanze: hashish per Zaccariello, cocaina per Salvatore Muscariello”.
L’espansione a Capua
Ma è nel 2019 che la rete si amplia fino a Capua. Di Chiara racconta di rapporti diretti con Claudio Monaco detto “o’ Cavuott” e con i figli della sua compagna, Fabio e Davide: “A loro ho consegnato sia hashish che cocaina. I pagamenti? Li riceveva sempre Vinciguerra”.
Il giro di affari non si è fermato nemmeno durante il lockdown del 2020. “L’attività ovviamente si è ridotta – ricorda – ma lo spaccio è continuato, anche se a ritmi più bassi”.
Il garage
Non tutto, però, andava liscio. “Quando qualcuno creava problemi, finiva nel garage del Parco Verde di Teverola. Era lì che si regolavano i conti”, dichiara Di Chiara. Ricorda un episodio in particolare, in cui una persona venne brutalmente punita da De Santis per aver acquistato droga da fornitori esterni, “anche del Napoletano”. “Gli ruppe il naso davanti a me”, racconta.
Le dichiarazioni del pentito, ora al vaglio degli inquirenti, offrono una nuova mappa del narcotraffico nel Casertano. Capua non è più un semplice punto di passaggio: è uno snodo attivo, con figure locali che gestivano, acquistavano e rivendevano droga in un circuito che toccava i principali clan della zona. Un affare da migliaia di euro, forse ancora oggi non del tutto interrotto.
Nei riquadri Claudio Monaco (NON INDAGATO) e Salvatore De Santis