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Colpo al cuore del clan, due pezzi grossi parlano con la Dda

Teverola/Gricignano d’Aversa. Salvatore De Santis e Francesco De Chiara, coinvolti nell’operazione che ha colpito duramente il clan Picca-Di Martino, stanno attualmente rendendo dichiarazioni alla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Gli investigatori stanno analizzando i loro racconti, che potrebbero aprire nuovi scenari nell’inchiesta che ha già portato all’arresto di 42 persone.

De Santis, 48 anni, noto come ‘o buttafuori e residente a Gricignano d’Aversa, e De Chiara, 37enne di Aversa, sono stati arrestati dai carabinieri del nucleo investigativo di Caserta nell’ambito di un’indagine coordinata dalla DDA. I due sono accusati, insieme ad altri, di far parte di una rete criminale responsabile di estorsioni, traffico di droga, riciclaggio, detenzione illegale di armi e intestazione fittizia di beni.

Secondo le ricostruzioni, De Santis – con trascorsi già noti negli ambienti criminali – avrebbe avuto un ruolo centrale nella gestione delle estorsioni e del traffico di stupefacenti. Era considerato un uomo di fiducia del boss Aldo Picca. Tra le attività illecite riconducibili a lui ci sarebbero l’imposizione di slot machine e servizi di vigilanza “privata”, oltre alla gestione degli introiti derivanti dalla vendita di droga, parte dei quali venivano destinati alle casse dell’organizzazione.

Durante l’inchiesta è emerso anche un grave episodio risalente al 2022, quando De Santis avrebbe aggredito la propria compagna, investendola con l’auto e provocandole fratture multiple. Nonostante le ferite, la donna sarebbe stata inizialmente costretta a non rivolgersi ai soccorsi, per poi recarsi in ospedale solo dopo diverse settimane.

Business dello spaccio

Francesco De Chiara, invece, secondo quanto ricostruito, era attivo nella distribuzione della droga nell’agro aversano. La sostanza stupefacente, acquistata a Sant’Antimo, veniva venduta al dettaglio con prezzi variabili tra i 40 e i 70 euro a dose. I pagamenti venivano accettati anche tramite sistemi elettronici come POS mobili e perfino con carte del reddito di cittadinanza. In caso di mancati pagamenti, si ricorreva a ritorsioni fisiche o al sequestro temporaneo dei documenti dell’acquirente.

Nei prossimi mesi, le autorità valuteranno la consistenza e l’attendibilità delle dichiarazioni raccolte, in attesa di capire se possano aprire nuovi filoni investigativi o rafforzare le accuse già contestate agli indagati.

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