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Undici trans a disposizione di focosi casertani, i nomi dell’inchiesta a luci rosse. Cambia scenario

CASTEL VOLTURNO. Colpo di scena nel dibattimento contro 11 cittadine brasiliane transgender accusate di far parte di un’organizzazione criminale dedita alla tratta di esseri umani e allo sfruttamento della prostituzione. La Corte d’Assise subirà una modifica nella sua composizione, con la nomina di un nuovo giudice a latere. Gli atti sono stati trasmessi alla presidente del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che dovrà provvedere alla designazione del magistrato sostitutivo. Il processo, quindi, subirà un rinvio ai primi di aprile in attesa del decreto ufficiale di nomina.

Gli imputati e le accuse

Tra i principali indagati figurano Ricardo José Santos De Silva, conosciuto come Pamela, Rafael Nunes Ds Conceicao alias Tamara, e altri soggetti identificati con nomi d’arte come Elen, Marcela, Paula e Luna Vodianova. L’indagine, avviata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e condotta dalla squadra mobile di Caserta, ha portato all’arresto degli imputati nel luglio 2024 su disposizione del giudice per le indagini preliminari Luca Dalla Ragione.

Secondo quanto emerso, il gruppo criminale aveva creato un complesso sistema di reclutamento che partiva dal Brasile. Un emissario operante a San Paolo si occupava di adescare le vittime, convincendole a trasferirsi in Italia con la promessa di un futuro migliore. L’organizzazione provvedeva a finanziare il viaggio, garantendo documenti per l’espatrio e biglietti aerei. Giunte all’aeroporto di Milano Linate, le vittime venivano accolte da complici dell’organizzazione, che fornivano loro una falsa dichiarazione di ospitalità per consentire la regolarizzazione temporanea della permanenza nel Paese.

Le condizioni delle vittime

Una volta in Italia, le persone coinvolte venivano trasferite a Napoli, dove altri membri del gruppo si occupavano di condurle in abitazioni a Castel Volturno. Qui iniziava un incubo: segregazione forzata, controllo serrato e ritiro dei telefoni cellulari per evitare ogni contatto con l’esterno. Le vittime erano costrette a prostituirsi in strada, sotto la costante minaccia di ritorsioni. Gli incassi giornalieri venivano consegnati ai capi dell’organizzazione come pagamento del debito contratto per il viaggio, cifra che inizialmente ammontava a circa 10mila euro ma che, con vari pretesti, subiva continui rialzi.

L’inchiesta, coordinata dai pubblici ministeri Monica Campese e Valentina Sincero, ha messo in luce una struttura criminale transnazionale capace di monopolizzare il mercato della prostituzione transgender nella zona di Castel Volturno. L’attesa ora è per la nomina del nuovo giudice, che permetterà di riprendere il procedimento penale senza ulteriori ritardi.

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