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Scarcerazioni, 41bis e sorveglianze: la mappa attuale dei Belforte e l’allerta della Dda

MARCIANISE. Risale l’allerta degli investigatori sul clan Belforte. Negli ultimi mesi, diverse scarcerazioni hanno riportato in libertà soggetti legati direttamente o indirettamente al clan Belforte, sollevando l’attenzione delle autorità sulla possibile situazione della cosca. Tra i nomi più rilevanti emergono Camillo e Salvatore Belforte, figli del boss Domenico, e altri esponenti storici del gruppo criminale come Eremigio Musone, il suo omonimo cugino, e Simmaco Zarrillo, figlio di Francesco, affiliato di spessore ai cosiddetti Mazzacane.

Il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha sottolineato come il ritorno in libertà di alcuni individui potrebbe rappresentare un pericolo concreto per la sicurezza pubblica, soprattutto considerando il passato criminale degli stessi. Un caso emblematico è quello di Giovanni Anziano, killer del clan, che, nonostante fosse agli arresti domiciliari, è stato nuovamente arrestato per estorsione. Anche la fuga di Antonio Delli Paoli, che ha sfruttato un permesso per raggiungere Strasburgo e protestare nei pressi del Parlamento europeo, ha destato allarme tra gli inquirenti.

La speranza delle autorità è che questi individui, dopo anni di detenzione, decidano di voltare pagina e abbandonare le attività mafiose. Tuttavia, le forze dell’ordine monitorano attentamente i loro movimenti per prevenire qualsiasi tentativo di ricostruzione del clan, mantenendo alta l’attenzione su eventuali reati come l’estorsione, l’usura e il traffico di stupefacenti.

Domenico Belforte e la conferma del 41 bis

Nonostante i numerosi ricorsi presentati dalla difesa, il boss Domenico Belforte resta detenuto al regime del 41 bis. Il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha infatti rigettato la sua richiesta di revoca del carcere duro, ritenendo che la sua caratura criminale rappresenti ancora oggi un pericolo per la sicurezza pubblica. Secondo i giudici, se Belforte fosse sottoposto a un regime detentivo meno rigido, potrebbe tornare a esercitare influenza sugli affiliati e favorire una ricostruzione del clan.

Tra le motivazioni della decisione vi sono le frequenti violazioni disciplinari compiute dal boss durante la detenzione e la capacità della sua organizzazione di operare ancora nel territorio attraverso figure di riferimento esterne. Nonostante le affermazioni di Belforte riguardo alla presunta disarticolazione del clan, le recenti indagini della Direzione Distrettuale Antimafia hanno dimostrato che le attività criminali legate ai Belforte non si sono mai completamente fermate.

A rafforzare la posizione dei magistrati è stata anche la lista di soggetti scarcerati, che, secondo la Procura, potrebbero fungere da tramite per eventuali comunicazioni tra il boss e i membri della cosca. Tra le rimostranze avanzate da Belforte, vi è anche la sua presunta claustrofobia, che, a suo dire, non gli permetterebbe di sopportare la detenzione in una cella per 22 ore al giorno. Tuttavia, il Tribunale ha ritenuto che tali motivazioni non siano sufficienti per concedergli un trattamento più lieve.

Sorveglianza speciale per il figlio

Parallelamente alla questione del carcere duro per Domenico Belforte, le autorità hanno intensificato i controlli sui membri della famiglia ancora presenti sul territorio. Tra questi, spicca Salvatore Belforte, figlio del boss, sottoposto di recente a una misura di sorveglianza speciale per la sua pericolosità sociale.

Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ed eseguito dal Commissariato di Polizia di Marcianise, guidato dal primo dirigente Valerio Consoli. Le restrizioni imposte a Salvatore Belforte comprendono l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza per due anni, la presentazione presso gli uffici di pubblica sicurezza in giorni e orari prestabiliti e il versamento di una cauzione di 2mila euro.

Il 39enne, già condannato a otto anni di carcere per estorsione in favore del clan, era stato scarcerato negli ultimi anni, tornando a vivere sul territorio. Nonostante l’assoluzione dall’accusa di associazione mafiosa (articolo 416 bis), i giudici della Corte d’Appello di Napoli, nel 2019, avevano evidenziato la sua capacità criminale e il suo ruolo nell’organizzazione. La decisione di sottoporlo a sorveglianza speciale mira dunque a prevenire un’eventuale ripresa delle attività illecite e a garantire un controllo costante sulla sua condotta.

L’allerta

L’attenzione delle autorità sul clan Belforte resta altissima. Le recenti scarcerazioni hanno riacceso il dibattito sulla possibile ricostruzione della cosca, mentre il mantenimento del 41 bis per Domenico Belforte dimostra la volontà della magistratura di non abbassare la guardia. Allo stesso tempo, le misure di prevenzione, come la sorveglianza speciale imposta a Salvatore Belforte, testimoniano l’impegno delle forze dell’ordine nel monitorare costantemente i soggetti ritenuti pericolosi. La lotta alla criminalità organizzata continua senza sosta, con l’obiettivo di impedire che il clan possa tornare a esercitare il suo potere sul territorio.

 

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