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L’addio al rapper tra fumogeni e lacrime. Si aggrava la posizione del conducente

CAPUA. Lacrime, fumogeni, testi da brividi. C’era il mondo di DirtyGun e quello di Ciccio a dare l’addio ieri mattina a Francesco Natale, il 30enne di Capua morto in un incidente stradale in moto al Ponte della Pierrel.

All’uscita della bara bianca musica e fumogeni hanno accompagnato il talentuoso rapper, i cui versi hanno riecheggiato nella Cattedrale di Capua, insieme alle parole degli amici e di don Elpidio Lillo. Sul fronte delle indagini – come riferito da Il Mattino – potrebbe esserci una svolta: gli esami tossicologici sul conducente della 500L che si è scontrata con la moto di Natale, hanno dato esito positivo. Questo potrebbe aggravare la posizione dell’automobilista di Marcianise, coetaneo della vittima e già indagato.

La lettera degli amici durante l’omelia

IN MEMORIA DI CICCIO DIRTYGUN
[Discorso tenuto al Duomo di Capua il 18 aprile 2024]

Mi è stato chiesto – e ne sono onorato – di parlare per tutte le persone, qui, che hanno amato Ciccio; e che continueranno ad amarlo anche in absentia.
Avrei potuto parlare di ciò che la filosofia può postulare esservi dopo la morte e prima del mondo; ma un tal discorso richiederebbe un tempo esagerato, e per esso semmai rimando alle mie lezioni.
Piuttosto, per questo momento – in cui null’altro importa che porgere un degno saluto al nostro caro – ho raccolto negli scorsi tremendi giorni i pensieri un po’ di tutti voi, scritti o buttati lí, e li ho fusi insieme.

C’è stato a esempio chi ha detto: «Noi pensiamo che tu sia un angelo che ci è venuto a trovare; per forza, perché parlavi la lingua di Dio: la musica».
DirtyGun è stato un’anima gentile, e un artista dei piú puri sulla scena del nostro territorio. Quel che ha fatto per Capua e la provincia di Caserta è stato un lavoro enorme. Non si contano gli eventi musicali che ha organizzato, non solo qui ma anche all’estero, il che lo ha portato ad avere amici in tutto il mondo.
Al rap ha consacrato la sua vita, fin da quando ha iniziato – ragazzino – a registrare nella sua stanzetta i primi pezzi, fino al suo realizzarsi compiutamente, aiutando anche altri a realizzarsi.
Ha sempre condiviso tutto quel che aveva. Era un faro di vitalità e d’amore. La famiglia, gli amici, in uno con la musica, erano la sua vita. Si cibava di quello.

Non sono certo il solo che ha scoperto grazie a DirtyGun il rap casertano, o in altri casi il rap in generale. Certi erano solo ragazzini o ragazzine, quando grazie a Ciccio hanno iniziato ad ascoltarne.
E tutti egli ha cercato sempre di coinvolgere direttamente nell’avventura musicale, considerandoli già parte della sua crew, la Homicidial Familia, fin da prima di trovare un compito per ciascuno, foss’anche solo raccogliere i nomi per le battle di freestyle.
Molti di noi, qui, hanno anche partecipato a qualche suo video.

Quando poi Ciccio ha aperto il Dirty Sound Studio a via Roma, quello studio è diventato presto un luogo di aggregazione socioculturale per l’intera provincia di Caserta: non un semplice studio di registrazione, ma un luogo inclusivo votato alla condivisione e al flusso delle idee.
C’era chi nei fine settimana tornava a Capua per vedere lui piú che i propri genitori. E c’era chi praticamente viveva lí dentro, stando lí con Ciccio tutti i giorni, e iniziava a fare freestyle, ma non aveva il coraggio di buttarsi, ma poi lo trovava; Ciccio l’incoraggiava; veniva realizzato un pezzo, finiva in YouTube, aveva magari un successo inaspettato e il giovane talento di turno capiva di voler – fare – quello.
È il caso di chi aveva un lavoro all’estero e lo ha lasciato per tornare alla nostra terra e a quello studio, e narra di come allora si triplicarono le energie di Ciccio, per empatia, e andò a finire a concerti davanti anche a piú di mille persone, in giro per l’Italia, per l’Europa… Ormai li chiamavano da ovunque, l’ultimo live è stato a Strasburgo un mese fa… Stavano “spaccando tutto”. Non che lo pretendessero. Facevano musica soprattutto per divertirsi; i pezzi migliori sono nati dal nulla. E ora ne stavano finalmente raccogliendo i frutti maturi.
Poi è successo quello che è successo (e che non poteva non succedere; perché se si fosse tagliato via dalla personalità di Ciccio quell’eccesso di ardimento, non avrebbe fatto tutte le cose belle che ha fatto; questa è la meccanica di ciò che noi siamo).

Il lavoro di Ciccio al Dirty Sound era tale che adesso ci vorrebbero venti persone per fare quello che faceva lui.
E lo faceva perché voleva “regalare sogni” alle persone, dar loro quella possibilità che nessun altro dava. Ci sono persone cui lui ha dato tutto.
Le portava a credere in sé stesse e nei propri sogni, e ad essere felici.
Tutti suoi “figli”. In tutti vedeva potenzialità, con tutti entrava súbito in sintonia. Tanti hanno visto in lui un fratello maggiore. E c’era chi aveva piú anni di lui eppure pensava a Ciccio come a un padre.
Tutti egli prendeva per mano. Per tutti era presente; potevi sfogare i tuoi problemi per ore, e ti dava un consiglio. Di tutti conosceva le vite in dettaglio, di tutte le persone che gli volevano bene; e dimostrava un supporto inesauribile – e autentico – a chiunque gli raccontasse un pezzo di sé; sapeva farsi sentire vicino a loro anche con una sola parola. Quando ti sentivi perso ti faceva ritrovare. In qualche modo ti tirava fuori da quel baratro, e ti portava una luce pazzesca. Era un faro per tutti.

Perfino l’odio, la rabbia, li trasformava in amore. Era come un alchimista che muti il piombo in oro; in sé, e negli altri; tutto ciò che toccava diveniva – ma ditemi se esagero – un qualcosa di bello e luminoso. Partendo dal dentro di lui. Attraverso Ciccio conoscevi te stesso, nel bene e nel male. Era uno specchio. Quel che dovrebbe essere un maestro.
E se anche non si riteneva un maestro, di quelli che usano chiamarsi “pozzi di scienza”, quel che diceva lo trovavi poi magari scritto nei libri. D’altro canto lo affascinavano la filosofia orientale, e tradizioni antiche anche occidentali, e lo portavano a belle congetture.
Cercava di migliorarsi ogni giorno, esprimeva il proposito di purificarsi nell’essenza, raccontava ultimamente di una maturazione spirituale e di letture piú profonde del solito, come “Il codice dell’anima” di Hillman. Ricercava l’istante della vita goduta nella sua semplicità. Un percorso iniziato durante i lockdown, col proposito di amare di piú la natura, emblema di libertà, e col desiderio di attraversare i deserti.
Già profonda era la sua connessione con tutti, con tutto. Pure quando non diceva una parola o stava scazzato sentivi l’energia positiva, il bene in lui.
E il bene egli traeva da ogni cosa, entusiasta per ogni cosa, finanche per un’insalata. «L’universo me vo’ bene», cantava.
E chi gli stava a fianco poteva sentire che la connessione di Ciccio andava anche oltre l’universo fisico, sconfinando nel metafisico. Era veramente in contatto col dàimon della sua anima, direbbe Hillman.
E lo riconosceva nelle anime altrui. Poi stava agli altri trovare il coraggio per tirar fuori quel che avevano dentro sé stessi.

Nell’ultima sera della sua vita, venerdí scorso, a Vitulazio, al bar Manhattan, piú carico che mai d’amor fraterno, ha abbracciato tutti, dava baci a tutti, diceva «Continua, frate’! stai spaccando». Quasi un consapevole addio alle scene, giunto al colmo della sua radiosità, ancora qualche giorno prima di compiere trentun anni.
Le ultime due sue parole, all’alba, prima di avviarsi con la moto, sono state: «Stamm’ vincenn’».

E ora? Ora s’è fermato tutto. «Ora che non ci sei è il vuoto a ogni gradino». E qui non sappiamo – parenti, amata, amici – dove trovare la forza, ma dobbiamo. Certo è che non sarà dimenticato.
L’amore si manifesta in tanti modi, e oggi quest’amore si sente ancor di piú perché è tutt’uno col dolore. Sappiamo che questo dolore cosí forte, assoluto, non è altro che l’ennesimo seme che hai piantato in noi, caro Ciccio, tu che vedevi terreno fertile in ognuno; e ce la metteremo tutta per farlo germogliare, e dare fiore e frutto.
Continueremo a fare risuonare per il mondo il tuo entusiasmo, il tuo amore, abbattendo le barriere che vorrebbero tenerci distanti.
E voi vivete! Abbracciate! Non abbiate rimpianti!, lui stesso vi direbbe. Credete nei vostri sogni, regalate sorrisi, come faceva lui. E soprattutto amate, sempre, ogni giorno.
Fratello, DirtyGun, Ciccio, tu hai dato inizio ad un qualcosa, e noi la porteremo a termine.

Poi un giorno forse ci rincontreremo – se già le nostre anime non s’erano incontrate prima di questa vita, e forse non una ma infinite volte, nell’infinito gioco universale.
Per il momento, addio.