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Sandokan pentito, Dda dal figlio Ivanhoe: capoclan già trasferito. Ecco dove

CASAL DI PRINCIPE. Era uno degli ultimi irriducibili della camorra casalese, custode di importanti segreti, ma dopo 26 anni di prigione, la maggior parte trascorsi in regime del carcere duro, Francesco Schiavone, noto come Sandokan, capo indiscusso del clan dei Casalesi, ha deciso di collaborare con la giustizia. Lo riporta l’edizione cartacea del quotidiano “Cronache di Caserta”. In questi giorni le forze dell’ordine, a quanto si apprende, si sono recate a Casal di Principe per proporre ai parenti del capoclan, tra cui il figlio Ivahnoe, di entrare nel programma di protezione, a conferma della volontà di Sandokan di collaborare con la Dda di Napoli.

L’avvio del percorso di collaborazione da parte di Francesco Schiavone, soprannominato ‘Sandokan’, viene confermato dalla Direzione nazionale Antimafia. Secondo quanto si apprende la decisione sarebbe maturata nelle ultime settimane, durante le quali la Dna e la Dda di Napoli hanno svolto un lavoro con la massima discrezione. Schiavone è stato arrestato nel luglio del 1998 e da allora è recluso al regime del 41 bis. Anche due suoi figli, Nicola e Walter, hanno avviato alcuni anni fa lo stesso percorso ora intrapreso dal padre.

Schiavone era stato trasferito ad inizio marzo dal carcere di Parma al penitenziario di L’Aquila, ma si pensava che la decisione fosse legata a motivi di salute. Invece il padrino di camorra aveva iniziato il percorso di collaborazione con i magistrati.

La fine del clan

Schiavone fu arrestato nel 1998 e condannato all’ergastolo nel maxi processo Spartacus e per diversi omicidi; prima di lui hanno deciso di pentirsi il figlio primogenito Nicola, nel 2018, quindi nel 2021 il secondo figlio Walter. Restano in carcere gli altri figli Emanuele Libero, che uscirà di cella ad agosto prossimo, e Carmine, mentre la moglie di Sandokan, Giuseppina Nappa, non è a Casal di Principe. La decisione di Sandokan potrebbe anche essere un messaggio a qualcuno a non provare a riorganizzare il clan, un modo per mettere una pietra tombale sulle aspirazioni di altri possibili successori. La collaborazione di Francesco Schiavone potrebbe far luce su alcuni misteri irrisolti, come l’uccisione in Brasile nel 1988 del fondatore del clan Antonio Bardellino, o sugli intrecci tra camorra e politica.