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Appalti Cira, cade l’accusa di camorra: cambia misura per tutti. I NOMI

CASAL DI PRINCIPE/CAPUA. Il Tribunale del Riesame di Napoli ha disposto la scarcerazione con applicazione degli arresti domiciliari fuori regione per Sergio Orsi, imprenditore coinvolto nell’indagine della Dda di Napoli su un giro di appalti truccati dietro il pagamento di tangenti al Centro Aerospaziale Italiano (Cira) di Capua.

Orsi, imprenditore già condannato in passato per associazione camorristica perché colluso con il clan dei Casalesi nel settore dei rifiuti, era finito in carcere il 26 aprile scorso con l’accusa di turbativa d’asta e corruzione con l’aggravante mafiosa; con lui erano stati colpiti da misura cautelare anche altre persone tra imprenditori, funzionari e dipendenti del Cira. Per la Dda Orsi si sarebbe infiltrato negli appalti del Cira favorendo così il clan dei Casalesi. In particolare il Gip di Napoli aveva emesso undici ordinanze (due arresti in carcere, tre arresti domiciliari, tre obblighi di dimora e tre interdizioni dall’esercizio dell’attività d’impresa), ma le decisioni del Riesame hanno però in parte ridimensionato le contestazioni, specie sotto il profilo del legame con il clan camorristico, dalla Dda ritenuto esistente proprio per la presenza di Orsi.

Già qualche giorno fa era infatti arrivata la scarcerazione dell’altro imprenditore arrestato, Fabio Oreste Luongo, figura centrale con Orsi dell’indagine della Procura Anticamorra partenopea, e nella serata di ieri i giudici napoletani hanno annullato per Orsi l’ordinanza in relazione alla turbativa d’asta e hanno escluso l’aggravante mafiosa; per l’imprenditore resta così in piedi la contestazione di corruzione. Anche il figlio di Orsi, Adolfo, era stato colpito da misura cautelare (obbligo di dimora), e anche per lui è arrivato l’annullamento dell’ordinanza ed è ora libero da ogni restrizione. Padre e figlio sono difesi da Mario Griffo e Carlo De Stavola.

Il Tribunale del Riesame ha anche annullato l’ordinanza che disponeva l’obbligo di dimora per gli altri due indagati Amedeo Grassia e Francesco Pirozzi, il primo infermiere ed ex assessore comunale a Trentola Ducenta e ritenuto colui che avrebbe fatto da mediatore tra Orsi e i dipendenti Cira coinvolti; Pirozzi è proprio un dipendente del Cira. Entrambi (sono difesi da Mario Griffo) erano accusati di rivelazione di segreto d’ufficio con l’aggravante mafiosa per aver rivelato ad Orsi dettagli, che sarebbero dovuti restare segreti in quanto non ancora pubblicati, relativi in particolare alla gara per la riqualificazione e messa a norma del patrimonio edile, infrastrutturale ed impiantistico del Cira.

IL PRIMO LANCIO

CASAL DI PRINCIPE. Svolta per i due Orsi nell’ambito delle inchiesta sulle inflitrazioni di imprenditori vicini ai Casalesi nelle gare del Cira di Capua. Il tribunale del Riesame ha escluso l’aggravante mafiosa per Sergio Orsi sostituendo quindi la misura del carcere con quella meno afflittiva degli arresti domiciliari fuori regione.

Revocato anche l’obbligo di dimora per Adolfo Orsi, figlio di Sergio. Proprio Orsi senior è il personaggio chiave dell’inchiesta essendo riuscito a vedere in anteprima le gare d’appalto. In un successivo dialogo intercettato lo stesso Orsi si lascia ad andare ad una frase che svela come il summit sia andato a buon fine: “Ho conosciuto un geometra che lavora là dentro, di Trentola. Ci sono molte cose in ballo”. Non sarà l’unico incontro come evidenziato dai carabinieri che li identificano insieme nel corso di un controllo.

Le accuse

Le indagini riguardano la turbativa di gare di appalto indette dal C.I.R.A. (Centro Italiano di Ricerche Aerospaziali), società consortile per azioni a maggioranza pubblica, con sede in Capua, organismo di ricerca di rilievo internazionale, operante nel settore aeronautico e aerospaziale.

I gravi indizi di colpevolezza ricostruiti nel titolo cautelare, poi, riguardano condotte di corruzione di taluni funzionari della predetta società ad opera degli imprenditori interessati alla aggiudicazione delle gare oggetto di turbativa.