CASTEL VOLTURNO/CASAPESENNA/SAN CIPRIANO D’AVERSA. Due ergastoli per i boss del clan dei Casalesi Michele Zagaria e Vincenzo Schiavone alias “petillo” e 10 anni per l’ex esponente di vertice Antonio Iovine, oggi collaboratore di giustizia.
E’ questa la richiesta avanzata dal pm della Dda per l’omicidio di Michele Della Gatta, elemento della cosca ucciso in un lido di Castel Volturno nel 1999. Un delitto di cui non erano mai stati scoperto mandanti ed esecutori, tanto che la relativa indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli si chiuse con un’archiviazione. Poi importanti collaboratori di giustizia del clan, in primis Nicola Schiavone, primogenito del capo dei Casalesi Francesco “Sandokan” Schiavone, e quindi lo stesso Antonio Iovine, hanno iniziato a parlare del delitto Della Gatta aprendo nuovi scenari.
E’ emerso che Zagaria (difeso da Paolo Di Furia) e appunto Iovine furono i mandanti del delitto, mentre Vincenzo Schiavone fu l’esecutore materiale, e che il delitto, avvenuto il 5 giugno 1999, sarebbe strettamente connesso ad un altro fatto di sangue accaduto tre mesi prima, il 19 marzo dello stesso anno, ovvero quello di Carlo Amato, figlio del boss Salvatore Amato, che allora controllava la città di Santa Maria Capua Vetere. Carlo Amato, emerse dalle immediate indagini della Dda, fu pestato e accoltellato mortalmente da Della Gatta, allora esponente della famiglia Schiavone, in una discoteca di Santa Maria dove era in corso il “MakP 100” del liceo scientifico Amaldi; la festa era stata organizzata dall’allora 18enne Walter Schiavone, figlio di Sandokan, che era ovviamente presente. Pare che Carlo avesse offeso Walter Schiavone e il fratello Nicola, per cui Della Gatta reagì pestando e uccidendo Amato.
Il padre di quest’ultimo voleva quindi vendicarsi colpendo uno dei figli di Sandokan, così i capi del clan dei Casalesi, per evitare sanguinose vendette e dunque una probabile faida, decisero di uccidere Della Gatta, guardaspalle dei figli di Sandoan. Questo, a grandi linee, è il movente così come ricostruito dalla Dda, che poche settimane dopo il delitto chiesero la carcerazione preventiva di Della Gatta, ma la misura non è mai stata eseguita per l’omicidio dell’uomo. Va detto però che sul movente le dichiarazioni dei collaboratori divergono, anche in modo sostanziale. Iovine ha raccontato di aver deciso con Zagaria l’eliminazione di Della Gatta perché era “un ragazzo irruento, poco rispettoso, rissoso e non idoneo alla vita criminale, per cui già destinato a morire”.
Iovine parla di alcune rapine commesse da Della Gatta, ai danni anche di affiliati dei Mallardo, clan di Giugliano da sempre alleato dei Casalesi. Un altro pentito, Roberto Vargas, racconta che Della Gatta fu ucciso per non far ricadere la responsabilità del delitto Amato sui figli di Sandokan, in particolare su Walter e Nicola. Per Nicola Schiavone invece il delitto fu ordinato da Iovine perché Della Gatta era venuto alle mani con persone che curavano la latitanza di “o ninno”.