SAN FELICE A CANCELLO/CASERTA. Ci sono anche nomi eccellenti del Casertano e della Valle di Suessola in particolare nell’operazione che ha portato ieri mattina i Nuclei di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano e Varese, ad eseguire 15 arresti in un’inchiesta del pm della Dda milanese Bruna Albertini su presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta nei subappalti per lavori sulla rete ferroviaria (Rfi è parte offesa).
Nell’ordinanza cautelare è contestata l’associazione per delinquere finalizzata a reati tributari e bancarotta e ad alcuni arrestati l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, perché con un sistema di incassi ‘in nero’ società riconducibili ai clan, attive tra il Varesotto e Isola Capo Rizzuto (Crotone), avrebbero sostenuto affiliati detenuti e le loro famiglie.
Gli indagati
Secondo quanto riferito da “Quotidiano del Molise” tra gli indagati figurano tre casertani: si tratta di Oscar Esposito, 62 anni, residente a Caserta in corso Trieste; Salvatore Esposito, 60 anni, di San Felice a Cancello e Domenico Iannelli, 57 anni, anche lui di San Felice a Cancello. I tre casertani sono tutti indagati a piede libero. Iannelli ha una posizione minore e risponde di furto in concorso.
Tra gli indagati ci sono anche Alessandro e Edoardo Rossi, rispettivamente direttore e presidente di Gcf del Gruppo Rossi, oltre a Andrea Cenedese di Treviso; Luigi Cenedese di Treviso; Alfonso Giardino di Mozzecane (Vr); Domenico Giardino di Isola; Marco Giardinodi Isola; Stefano Giardino, di Isola; Vincenzo Giardino di Sona; Federico Giudici di Malegno (Bs); Antonio Marchio di Isola; Rosario Morelli di Campobasso; Carmine Pizzimenti di Isola; Tiziano Tolli di Tagliacozzo (Aq); Alessandra Ventura di Lecce; Pietro Ventura di Roma e ai già citati casertani.
La Dda aveva chiesto 35 arresti ma il gip ne ha disposti 15
Le accuse
Alcuni “componenti” dell’associazione per delinquere, che avrebbe messo le mani sui lavori di “armamento e manutenzione della rete ferroviaria italiana”, hanno “agevolato la ‘ndrina, facente capo alla ‘locale’ di Isola Capo Rizzuto (Crotone), contribuendo al mantenimento finanziario dei detenuti e dei loro familiari” e “procurando falsi contratti di assunzione per far ottenere benefici premiali a soggetti colpiti da provvedimenti giudiziari”.
Le indagini, spiega il procuratore, hanno ricostruito “una rete di società fittiziamente intestate a prestanome, i quali sono risultati fiduciari dei principali indagati” destinatari dell’ordinanza, “tutti soggetti in rapporto di contiguità-parentela con la famiglia ‘ndranghetista Arena-Nicoscia”. Gli inquirenti ipotizzano che gli arrestati incassassero profitti “ingenti” dalla “sottoscrizione di contratti apparentemente di ‘distacco di manodopera’, ma di fatto di ‘pura somministrazione'” di lavoratori. Contratti stipulati con “le società appaltatrici delle commesse di Rfi spa per la realizzazione di lavori di manutenzione e armamento delle rete ferroviaria” in “svariate regioni”. I 6,5 milioni di euro sequestrati, con ‘sigilli’ su beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie, riguardano “i profitti derivanti dai reati frode fiscale” e dalla “omessa presentazione delle prescritte dichiarazioni di imposta e dalla compensazioni di debiti erariali con falsi crediti Iva”.