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Don Rosario: “La festa è stata recuperata negli anni ’70 da Azione Cattolica”

Macerata Campania. Un giovane amico del nostro paese, ha voluto condividere con me questa riflessione:
“La festa secondo me non può e non deve farla la chiesa… La festa è del popolo maceratese ed è grazie ad essi se è andata avanti e in alto negli anni fin a oggi…
La festa deve e deve essere sviluppata dal popolo maceratese e dai carristi… perchè è grazie a loro che con tanta passione e tanto sacrificio esiste la festa di Sant’Antuono…”.
Qual è il popolo maceraratese che fa la festa? Va tenuto presente che due ‘classi sociali’ del nostro paese sono completamente indifferenti alla festa di sant’Antuono.
Circa il 35 per cento del popolo vuole la festa dei bottari e quasi tutti la pensano come il giovane amico.

Il 5 per cento vorrebbe la festa di Sant’Antonio abate, per i quali l’amato santo non è soltanto un “nome”.
Questa mia opinione sulle percentuali è senz’altro discutibile.
Ritorniamo al pensiero del giovane amico.
Negli anni ‘70, la festa di sant’Antonio abate, con i suoi carri, era ormai spenta.
Soprattutto i giovani universitari di allora denigravano questa festa, non la capivano
e irridevano quelli che vi partecipavano.
I giovani dell’Azione Cattolica l’hanno salvata e portata avanti.
La gioia di condividere serate insieme in preparazione alla festa: l’entusiasmo nel costruire il carro, semplice, con poche palme, strumenti agricoli raccolti di qua e di là, un carro a portata di “case”; si infilava in tutte le strade, la gioia della festa contagiava ogni angolo del paese, niente a che vedere con i carri concertini, niente a che vedere con l’inquinamento degli interessi di parte.

 

Certo, non mancava un po’ di innocua trasgressione e non era assente il sentimento: le fidanzatine rendevano importante il nostro impegno nella festa.
Quando è stata recuperata questa festa, vi era un forte senso di fede e si avvertiva la presenza del santo: mai e poi mai avremmo potuto pensare di abbandonare, l’amato santo, in piazza Mercato.
Passato il santo, passata la festa: aveva altre da fare.
Questa festa esiste perché sant’Antonio abate è figlio della Chiesa, è figlio del Popolo di Dio: questa festa esiste per conoscere la sua vita, per imitare la sua fede, per chiedere il suo aiuto fraterno.

Il volere fortemente di nuovo questa festa, la capacità di trasformare gli attrezzi agricoli in strumenti musicali, produrre un suono che non si trova altrove, è esaltante.
Tutto questo è buono come “la pasta di pane” che posta nel forno della fede diventa pane cotto, pane che si può condividere con tutti.
“L’amore, regalato da Dio e comunicato attraverso Gesù, è un dono assolutamente gratuito con cui la natura viene guarita, potenziata e aiutata a perseguire il desiderio innato nel cuore di ogni uomo e di ogni donna: la felicità. Ecco, la festa!

*Don Rosario Ventriglia, chiesa San Martino Vescovo