MARCIANISE. E’ stato un tatuaggio a toglie ogni dubbio alla vittima. Non poteva che essere che Generoso Di Sivo, l’ex pugile di Marcianise riciclatosi poi nella manovalanza criminale locale, l’uomo che usciva dall’ufficio quel giorno quando si è consumata la richiesta estorsiva a nome del clan Piccolo-Letizia.
E’ questo uno dei dettagli che emerge dalle motivazioni della sentenza, depositate pochi giorni fa, con le quali a fine gennaio la Seconda Sezione della Suprema Corte di Cassazione ha confermato le condanne a 8 anni per Primo Letizia e a 2 anni e 8 mesi per Generoso Di Sivo.
Proprio la figura dell’ex pugile viene così descritta nelle pagine depositate dai giudici della Suprema Corte: “il figlio della persona offesa, non presente all’incontro con il Di Sivo, l’aveva però visto uscire dall’ufficio del padre e, poi, tramite facebook era riuscito ad identificarlo”. In particolare il teste non ha avuto alcuna esitazione “nel riconoscere in aula il Di Sivo, dopo aver ribadito di aver notato sul braccio del suo estorsore un tatuaggio che la sentenza ribadisce essere risultato realmente presente sul braccio del ricorrente.”
Respinte dunque alla luce del solido impianto accusatorio le condanne per i due, accusati di aver chiesto al titolare di un supermercato di Marcianise il pizzo per le canoniche rate di Natale, Pasqua e Ferragosto.