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Case a Botte nella Valle: giornata di studi ad opera dell’Associazione Muratterra

Santa Maria a Vico. L’attività dell’associazione culturale MURATTERRA si concentra sulle Case a Botte di Santa Maria a Vico e lo fa organizzando una Giornata di Studi per gli studenti della scuola secondaria di secondo grado che prelude ad un più impegnativo Seminario di Studi per i professionisti del settore edile.

Com’è noto, le Case a Botte sono antiche costruzioni così definite perché caratterizzate da una copertura estradossata prevalentemente a botte, visibile dall’esterno, spesso realizzata in battuto di lapillo.

In effetti già in passato l’associazione MURATTERRA si era interessata delle Case a Botte di Santa Maria a Vico organizzando un concorso nazionale di architettura che alla fine degli anni 90 ebbe un notevole successo.

L’intento del concorso era quello di accendere i riflettori su un fenomeno di architettura rurale ritenuto unico nel suo genere per posizione geografica (in genere tali costruzioni sono tipiche dell’edilizia costiera e non dell’entroterra) e per dimensioni (erano circa un centinaio gli esemplari ancora visibili) ma purtroppo da allora molte Case a Botte sono state abbattute oppure irrimediabilmente trasformate.

Pertanto l’associazione MURATTERRA ha deciso di intervenire nuovamente, sollecitando questa volta proprio le istituzioni preposte al controllo e alla promozione culturale del territorio con due iniziative organizzate in collaborazione con l’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “Ettore Majorana” di Santa Maria a Vico.

Si comincia con una Giornata di Studi che si terrà il 9 maggio nella Sala Teatro del plesso “Vittorio Bachelet” alla quale parteciperanno gli studenti dell’ISISS “E.Majorana”, in particolare la classe Vª A “Costruzione Ambiente e Territorio” che ha svolto un progetto di alternanza scuola-lavoro proprio su una schiera di Case a Botte in località Priori. Il prof. Riccardo Serraglio del Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale dell’Università degli Studi della Campania LUIGI VANVITELLI e l’arch. Gennaro Leva della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Caserta e Benevento relazioneranno sull’argomento.

Alla Giornata di Studi seguirà il 28 ottobre un Seminario di Studi rivolto ad ingegneri, architetti e geometri che per la partecipazione potranno ottenere crediti formativi professionali.

L’auspicio dell’associazione MURATTERRA è che entrambe le iniziative, dal confronto con le istituzioni coinvolte, possano portare a delineare nuovi indirizzi di tutela e valorizzazione delle Case a Botte di Santa Maria a Vico.

Il fenomeno Case a Botte – Un originale patrimonio di architettura rurale

L’edilizia della Valle di Suèssola è ricca di episodi di valida architettura se si considera l’edificato fino ai primi trent’anni del secolo scorso. Si tratta perlopiù di edifici sacri o monumentali, oppure di residenze nobiliari che comunque non rappresentano quasi mai un’eccezione, un vero e proprio fenomeno architettonico.

Tutto il resto, come è giusto che sia in un territorio che ha vissuto, fino a pochi decenni fa, quasi esclusivamente delle risorse della terra, è architettura rurale: edilizia costituita in altre parole da una scarsa varietà tipologica, consolidata in pochi ma fortissimi elementi che trovano riscontri nella pratica costruttiva dei contadini di tutto il Meridione d’Europa.

Chi ha studiato questa particolare espressione del costruito che solo da qualche tempo è stata elevata al rango di Architettura, sa tuttavia che ogni area geografica conserva i suoi caratteri peculiari, cosicché spesso è l’uso di un particolare materiale, la forma di un elemento di finitura, la presenza o meno di un accessorio a comunicare all’occhio di un attento osservatore il passaggio da una cultura rurale ad un’altra che, quasi sempre, coincide con uno spostamento spazio-temporale.

Il quasi è d’obbligo, perché anche in questo settore dell’architettura esistono le eccezioni, situazioni anomale che, oltre a confermare la regola, ne mettono in risalto i limiti.

Chi di noi non identifica il paesaggio insulare e litoraneo partenopeo con i numerosi agglomerati di piccole costruzioni dalla copertura curvilinea, del tutto simili a quelle di altre località omologhe, se non per quel terminale così insolito e particolare?

Si tratta dunque di un fenomeno tipicamente relativo all’urbanizzazione in riva al mare, come confermano esemplari del tutto simili localizzati anche in Grecia, in Tunisia o in altri Paesi del Mediterraneo.

Ecco allora il punto: il rinvenimento di una costruzione dai connotati propri di una determinata area geografica in un’altra da essa distante costituisce di certo un’anomalia; se poi le costruzioni sono più di un centinaio, concentrate in meno di un chilometro quadro e conservate in condizioni di rispettoso abbandono, l’insediamento assume le proporzioni di un fenomeno unico nel suo genere.

Se, abbandonata l’attuale via Appia si punta decisamente verso la collina di Santa Maria a Vico, in provincia di Caserta, dove il cartello indica “Loreto, Mandre, Maielli, Papi, Priori”, le costruzioni cominciano a diradarsi, o meglio a raggrupparsi, lasciando spazio a ritagli di terreno intensamente coltivato.

La terra, come più a valle, è molto fertile ma qui c’è meno acqua: il sole, che picchia per tutto il corso del giorno, dove non arriva la mano dell’uomo, la brucia indisturbato.

C’è una piccola chiesa dalla facciata semplice ed austera e la pendenza aumenta vistosamente, come il decoro delle abitazioni. Non sono certo più ricche ed appariscenti di quelle edificate a valle, ma è proprio la semplicità, l’assenza di pretese a conferire loro una dignità difficilmente riscontrabile altrove.

Le pareti esterne, dove è stato possibile, sono intonacate e vivacemente colorate, altrimenti lasciano intravedere tessiture spontanee, dettate dai materiali rinvenuti sul posto.

Le aperture sono poche, dove serve.

Amplifica il fascino di queste costruzioni, spesso affiancate tra loro per risparmiare anche una sola parete, l’insolita copertura che organicamente le conclude: una volta a botte estradossata.

Pochi tratti occorrono per descriverle: quattro spesse pareti, due aperture sfalsate su una sola di esse, un essenziale comignolo che interrompe la sagoma curvilinea della copertura.

Con rapidi e sintetici schizzi le rappresentò anche lo studioso di fama internazionale Roberto Pane, per confrontarle con le “case a camella” del Golfo di Napoli, nel suo “Architettura Rurale Campana” del 1936.

La costiera di Amalfi, quella fra Napoli e Castellammare, le isole di Capri, Procida, Ischia, Ponza, i dintorni del Vesuvio, mostrano un singolare tipo di casa rurale che si differenzia nettamente da quello della zona interna per l’applicazione sistematica dell’arco e della copertura a volta. Solo da pochi anni, l’impiego delle travi di ferro, divenuto comune anche nelle campagne, va escludendo sempre più la copertura a volta così che questa plastica bellezza del nostro paesaggio già comincia ad apparire ai nostri occhi come qualche cosa di arcaico”.

Ma mentre è vero che la volta va diradando man mano che ci si allontana dal mare, fanno eccezione un gruppo di paesi della Valle Caudina come Santa Maria a Vico, Airola, Arienzo, dove le case più antiche son coperte con volte a botte per cui sono dette comunemente dai contadini “case a botte”.

Questa singolare infiltrazione ci sembra degna di nota anche perché crediamo che essa non sia stata ancora rilevata da altri.

(…) Come mai qui sono state usate le volte, mentre in molti paesi circostanti non se ne trova alcuna traccia? Confessiamo di non saper dare alcuna valida risposta a questa obiezione e che anche il tipo di copertura seguito, la volta a tutto sesto, con quasi esclusione della volta a padiglione, contribuisce a individuare un caso probabilmente unico”.