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Le cure in Francia e il parente picchiato. Diana sotto torchio: le ammissioni su Zagaria

Casapesenna. Si terranno venerdì prossimo gli interrogatori di garanzia dei fratelli gemelli Antonio e Nicola Diana e dello zio Armando, imprenditori di Casapesenna  arrestati ieri dalla Squadra Mobile di Caserta perché ritenuti vicini al clan guidato da Michele Zagaria.

 

I tre indagati, noti in questi anni come imprenditori antimafia, dovranno difendersi da una grave accusa, quella di concorso esterno in associazione camorristica, per aver – sostengono gli inquirenti della Dda di Napoli – stretto un patto criminale, già negli anni ’90, prima con il boss Vincenzo Zagaria, poi con Michele Zagaria, con lo scopo di assicurarsi la protezione del clan e crescere così imprenditorialmente; la stessa azienda di riciclo della plastica ubicata a Gricignano, secondo quanto emerso, sarebbe stata acquistata dai Diana al Tribunale Fallimentare di Bologna grazie all’interessamento dei Casalesi. In cambio – ipotizza la Dda – i Diana avrebbero cambiato più volte gli assegni del clan, provenienti da imprenditori sotto estorsione, versando inoltre nelle casse della cosca cospicue somme di denaro.

 

 

Sono stati i collaboratori di giustizia, una volta vicini a Zagaria, come Massimiliano Caterino, a parlare dei Diana quali imprenditori collusi, descrivendoli come componenti di un vero e proprio “cerchio magico” formato da operatori economici al servizio del boss e del clan. Caterino è stato il primo tra i collaboratori a parlare del presunto “doppio gioco” dei Diana. Nicola Diana, dopo alcune dichiarazioni del pentito, il 29 febbraio 2016, si presenta spontaneamente ai pm, prima “ostentando – si legge nell’ordinanza di arresto firmata dal Gip Miranda – il loro impegno per le legalità”, quindi ammettendo di “aver pagato negli anni con somme di 30mila euro Michele Zagaria in quanto vittime di richieste estorsive”.

 

La mamma del boss curata in Francia

Il Gip bacchetta Diana per non aver mai denunciato le estorsioni subite. Caterino riferisce che Armando Diana, fratello di Mario, avrebbe anche aiutato la mamma di Michele Zagaria quando quest’ultima ebbe bisogno di cure mediche in Francia, facendola soggiornare presso una famiglia di amici. Un rapporto talmente stretto che quando il clan Russo, vicino agli Schiavone, mandò i propri uomini a chiedere il pizzo ai Diana, dovette fermarsi. Non tutti i pentiti però la vedono in modo così netto. L’ex boss oggi pentito Antonio Iovine, dopo aver accusato il padre dei gemelli, Mario, ucciso nel 1986 e ritenuto in una sentenza definitiva vittima innocente del clan, di essere stato fino alla morte uno degli imprenditori “amici del clan”, dice che i figli Antonio e Nicola non erano soci di Zagaria, ma pagavano 30mila euro all’anno “per stare tranquilli”.

 

Il parente si tiene la tangente e viene picchiato

Un altro pentito, Michele Barone, fratello della moglie di Antonio Diana ed ex fedelissimo del boss, difende i parenti acquisiti. “Antonio e Nicola Diana – racconta – non hanno mai avuto rapporti né hanno mai versato somme a Michele Zagaria”; Barone riferisce solo di un “regalo” di 20mila di euro, ovvero una tangente, versato dai Diana a Zagaria, con i soldi che però non furono mai consegnati al boss ma trattenuti da Barone, che per questo fu anche picchiato da Zagaria. Il racconto di Barone, in virtù del legame con i Diana, non viene però ritenuto attendibile dal Gip.