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I dettagli della cattura di Zagaria in un docufilm, ieri la prima parte

Casapesenna. E’ andata in onda ieri sera su Nove la prima parte dell’ampio servizio dedicato alle confessioni di Catello Maresca sulla cattura del boss dei casalesi Michele Zagaria.

 

Il reportage (stasera la seconda parte) assume gli aspetti di un vero e proprio documentario e illustra scrupolosamente le indagini durante i tre anni che hanno portato gli agenti della squadra antimafia di Napoli al bunker di vico Mascagni.

 

 

Catello Maresca si racconta

 

 

Catello Maresca è stato il magistrato che ha guidato le indagini fino alla cattura di quello che egli stesso definisce nel suo libro “l’ultimo bunker”.

Michele Zagaria, infatti, detto capastorta, è stato “l’ultimo sopravvissuto” del clan dei casalesi. Prima del suo arresto, avvenuto il 7 dicembre del 2011, furono catturati le altre due menti del famoso clan casertano: Antonio Iovine e Giuseppe Setola.

 

 

Le riprese del reportage intitolato “Il giorno del giudizio: come ho catturato l’ultimo dei casalesi” insistono sulle strade dell’hinterland casertano dove a ragione si pensava che Zagaria venisse protetto e tenuto nascosto. Le immagini del momento della cattura sono oramai storiche e qui vengono riproposte trasmettendone il senso di attesa e concitazione con cui tanta gente visse quel giorno, in primis gli agenti della squadra che ebbero l’onore di ammanettare il latitante.

 

L’intero quartiere blindato e vari elicotteri che sorvegliano la zona: tutto ha il ritmo di un film d’azione anche se quelle scene non sono altro che l’esito di una lunga e faticosa ricerca corredata anche da pesanti insuccessi.

 

Le parole del figlio di Noviello

 

 

Facendo qualche balzo indietro nel tempo il documentario ci conduce a ripercorrere i momenti più cruciali della storia del clan dei casalesi e tra questi è importante ricordare la cosiddetta “strage dei neri” di  Castel Volturno, ordita dal sanguinoso killer Giuseppe Setola. Altro episodio emblematico e tragico è quello dell’uccisione del proprietario dell’autoscuola Mimmo Noviello, reo di non aver ceduto ai ricatti dei camorristi. A prendere la parola tra una scena e l’altra, sono vari personaggi che si susseguono riportando di volta in volta la loro esperienza.  Tra questi c’è proprio il figlio di Mimmo, Massimo Noviello, il quale afferma che <<sapere che ora qualcuno sta pagando per quell’assassinio non mi restituisce mio padre>>.

 

 

Gli interventi durante la narrazione

 

 

Tra i narratori che prestano la loro voce al documentario anche un magistrato che spalleggiò Maresca durante le sue indagini: Cesare Sirignano, nonché alcuni  giornalisti che seguirono da molto vicino tutte le vicende riportandole sulle varie testate locali a rischio della loro stessa incolumità, parliamo chiaramente di Rosaria Capacchione, Francesco Neri e del fotografo Nicola Baldieri.

Maresca è inquadrato mentre cammina sullo sfondo di Napoli, proprio al centro direzionale, tra quegli uffici da dove nel 2008 partì il suo più importante incarico: catturare il capo dei capi della criminalità organizzata.

Michele Zagaria venne allora studiato a lungo e a fondo in tutte le sue abitudini e per il PM  catturarlo divenne presto una missione e allo stesso tempo un’ossessione. A distanza di un anno dall’incarico di piste nemmeno l’ombra e allora si passò a pedinare e seguire tramite intercettazioni tutti quelli che avessero rapporti con la famiglia Zagaria.

 

I dettagli e la pista

 

 

 

L’esito di questa ricerca portò il lavoro degli agenti a fossilizzarsi in particolare sulla famiglia Inquieto composta dai tre fratelli Nicola, Vincenzo e Giuseppe. Renato Roberto, membro della squadra che contribuì alla cattura, svela alcune peculiari curiosità sul corso delle indagini illustrando alcuni dettagli che la polizia utilizzò come pista. Tra queste forse la più importante è quella che vede degli agenti fingersi netturbini e raccogliere i rifiuti di casa Inquieto nella speranza di riuscire a prelevare il dna di Michele Zagaria e confrontarlo con quello del fratello Pasquale, rinchiuso nel carcere di Novara.

Insomma, tanti i dettagli e le curiosità sulla grande storia che ha condotto ad un leggendario arresto. Una grande storia che ha segnato la fine di un’epoca, la fine del clan dei casalesi.