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Alfiero al 41bis: “Famiglia ancora legata al clan”. Intercettati colloqui in carcere

Casal di Principe. Famiglia ancora legata al clan e un percorso di dissociazione dalla camorra mai veramente avviato. Sono questi due dei punti che inchiodano il ras della fazione Bidognetti dei Casalesi, Massimo Alfiero al regime del carcere duro. Anche la Corte di Cassazione ha infatti rigettato il ricorso presentato dal 46enne di Casal di Principe: le motivazioni dell’ultimo e definitivo no alla richiesta di opposizione al 41bis sono state depositate in queste ore, dopo l’udienza svoltasi a fine settembre.

 

Una battaglia che Alfiero aveva cominciato esattamente un anno fa quando si oppose alla proroga del carcere duro disposta dal ministro di Giustizia, vedendosi respingere il primo ricorso presentato al tribunale di sorveglianza di Roma. Alfiero, come viene evidenziato anche nelle motivazioni, era stato segnalato come affiliato storico del clan dei Casalesi, aveva svolto le funzioni di capo di un gruppo di fuoco ed anche la sua famiglia (moglie e fratello) risultavano legati agli ambiti di criminalità organizzata ed anzi la moglie era stata indagata per avere ricevuto denaro dal clan in segno di sostentamento.

 

Inizialmente sembrava addirittura che volesse collaborare con la giustizia, ma poi si era tirato indietro e anzi l’interruzione di quel percorso aveva rinforzato i legami criminali secondo i giudici. Tra le prove portate a carico della posizione di Alfiero ci sono anche le intercettazioni relative ai colloqui avuti in carcere coi familiari, anche se la difesa ha evidenziato nel ricorso che le frasi non erano state comprese nella reale portata. L’istanza è stata comunque dichiarata inammissibile e il regime del carcere duro è stato quindi prorogato.