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Sorveglianza speciale per il ras dei rifiuti

PARETE. La Cassazione conferma la sorveglianza speciale per Cipriano Chianese, imprenditore legato ai Casalesi

Nessuna revoca per la misura di prevenzione a carico di Cipriano Chianese, 74 anni, originario di Parete, ritenuto uno degli artefici del sistema delle ecomafie al servizio del clan dei Casalesi. Chianese è considerato il principale responsabile del disastro ambientale legato alla discarica Resit di Giugliano in Campania.

La sesta sezione penale della Corte di Cassazione, presieduta dalla giudice Ersilia Calvanese, ha respinto il ricorso avanzato dalla difesa dell’imprenditore, confermando così quanto già stabilito dalla Corte d’Appello di Napoli e in precedenza dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Entrambe le corti avevano rigettato la richiesta di revoca della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di dimora nel comune di residenza.

Gli avvocati di Chianese avevano contestato la decisione sostenendo che la Corte d’Appello avesse accolto senza un’adeguata valutazione critica le motivazioni espresse dal tribunale, ignorando le contestazioni avanzate dalla difesa. Hanno inoltre affermato che il loro assistito, da circa due anni, avrebbe modificato radicalmente il proprio stile di vita, mantenendo una condotta regolare e impegnandosi in attività lavorative, senza mai incorrere in rilievi da parte delle autorità. Gli stessi legali hanno ricordato che anche la Corte d’Assise d’Appello, in una diversa sede processuale, aveva escluso la sua pericolosità sociale.

Tuttavia, per la Suprema Corte, il ricorso è risultato inammissibile. I giudici hanno ritenuto che le motivazioni addotte non rientrassero nei limiti consentiti dalla legge. Secondo quanto riportato nel provvedimento impugnato, infatti, il semplice trascorrere del tempo e lo svolgimento di un’attività lavorativa non bastano a neutralizzare i gravi indici di pericolosità sociale ancora attuali.

I magistrati hanno evidenziato che Chianese ha riportato una condanna definitiva nel 2021 per associazione a delinquere, confermando il suo coinvolgimento nelle attività di traffico illecito di rifiuti e la sua presenza radicata sul territorio. Le corti di merito hanno inoltre sottolineato come non vi sia stato alcun percorso concreto di riabilitazione personale né segnali di una reale presa di distanza dalle scelte criminali del passato.

In sede di valutazione, i giudici hanno ritenuto che le ragioni che giustificavano la misura preventiva restassero pienamente valide, e che il ricorso non mettesse in luce vizi gravi tali da rendere insufficiente o apparente la motivazione alla base del provvedimento.

 

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