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La rete dei finti incidenti, coinvolto pure dirigente delle Poste. NOMI E RUOLI

CASERTA/AGRO AVERSANO/MADDALONI. Sono 102 le persone finite sotto indagine a seguito di un’operazione condotta dalla Polizia di Stato di Caserta e dalla Guardia di Finanza, che ha portato anche all’emissione di altrettanti decreti di perquisizione su disposizione dei sostituti procuratori Gerardina Cozzolino, Oriana Zona e Gionata Fiore della Procura di Santa Maria Capua Vetere. L’inchiesta ha smascherato una rete ben strutturata impegnata nella frode assicurativa attraverso la simulazione di sinistri stradali mai avvenuti.

L’operazione, sviluppata in sinergia con la Procura della Capitale, ha permesso di ricostruire un meccanismo illecito che vedeva coinvolti vari professionisti, in particolare avvocati incaricati di seguire l’intero iter giuridico delle false pratiche, oltre ad altri soggetti che collaboravano attivamente al rafforzamento dell’organizzazione.

A capo dell’associazione, secondo gli inquirenti, c’era l’avvocato Giuseppe Luongo, 38enne di San Cipriano d’Aversa, indicato come il coordinatore principale dell’intera rete criminale. Al suo fianco, la moglie Luigia Daniela Conte (37 anni, di Villa di Briano) e altri legali: Gabriele Calderone (43 anni, Casal di Principe), Giancarlo Salzillo (40 anni, Lusciano), Salvatore Santagata (33 anni, Casal di Principe) e Pasquale De Rosa (45 anni, Villa di Briano).

Le indagini hanno fatto emergere uno schema operativo preciso: si faceva uso costante di veicoli coinvolti nei finti incidenti, spesso mezzi non assicurati o non funzionanti, intestati a prestanome. A gestire questi aspetti vi era l’agenzia Rafer srls, guidata da Raffaele Guarino (32 anni, Qualiano), dove venivano effettuate false pratiche di trasferimento di proprietà e radiazione. Le auto erano poi depositate presso il demolitore gestito da Antonio Prova (33 anni, Calvizzano).

La rete comprendeva anche un sistema di reclutamento di comparse, dietro pagamento. Tale compito era affidato a Vito Bianco (33 anni, Casal di Principe), alla moglie Ester Coppola (29 anni) e ai loro collaboratori: Clemente Bianco (28 anni), Jhonathan Borriello (21 anni), Rosario Antonio Coppola (39 anni), Francesco Piazza (32 anni), e Pasquale Martino (44 anni), tutti di Casal di Principe. Questi soggetti cercavano individui disposti a fingersi guidatori, passeggeri feriti o testimoni oculari, fornendo persino documenti falsi, spesso recuperati da Antonio Piazza (25 anni), fratello di Francesco.

L’associazione, pur senza coinvolgere inizialmente medici, riusciva a creare certificazioni sanitarie false per simulare lesioni e malattie prolungate, utili a giustificare risarcimenti.

Nel tempo, tuttavia, sono stati coinvolti anche alcuni consulenti medici nominati dai giudici di pace, che in cambio di tangenti producevano documentazione sanitaria fasulla. Tra questi figurano Danilo Lisi (47 anni, Caserta), Gianluigi Di Stasio (57 anni, Santa Maria Capua Vetere) e Luigi D’Amico (71 anni, Macerata Campania). Dietro compenso da parte di Luongo e Bianco, questi professionisti redigevano false perizie attestando lesioni mai esistite, con valutazioni di danno utili a ottenere sentenze risarcitorie favorevoli, emesse da tre giudici anch’essi sotto indagine: Bruno Dursio (Napoli), Rodosindo Martone (Caserta) e Maria Gaetana Fulgeri (Maddaloni).

I rimborsi ottenuti dalle compagnie assicurative venivano incassati dagli avvocati coinvolti e poi prelevati in contanti presso l’ufficio postale di Lusciano, grazie alla collaborazione di Orazio Maccarone (50 anni, Gricignano d’Aversa), vicedirettore della struttura, eludendo così le norme sull’antiriciclaggio. Parte del denaro veniva reinvestito, un’altra parte trasferita in contanti ad Alfonso Conte (47 anni, Casal di Principe), fratello della moglie di Luongo, che successivamente versava le somme sul conto di quest’ultima simulando causali fittizie.

Nell’ambito dell’inchiesta sono emersi anche i nomi di due ulteriori avvocati, Michele Zagaria (50 anni, Gricignano d’Aversa) e Bruno Aurora (54 anni, Casal di Principe), i quali avrebbero corrisposto tra 800 e 2.000 euro al consulente D’Amico per ottenere perizie false in favore dei propri clienti in cause civili contro le assicurazioni Uci Scarl e Alliance.

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