Skip to main content

Mattanza, Corte pronta a ribaltare carte: il nodo periti

Santa Maria Capua Vetere. Si conferma lungo e disseminato di ostacoli il percorso del maxi processo relativo alle presunte violenze avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere nell’aprile di cinque anni fa, venute alla luce nel 2021 grazie alla diffusione di video sui media e sui social network a livello globale. Un procedimento che, a partire dalla presidente del Tribunale Gabriella Maria Casella, in molti auspicano possa giungere a conclusione entro l’anno, anche per via della grande attenzione mediatica e istituzionale che ha suscitato.

 

Durante l’udienza di ieri, sono stati illustrati i contenuti dell’ordinanza della Corte d’Assise – guidata dal giudice Roberto Donatiello – sull’incompatibilità di un consulente medico psichiatra dell’accusa. Tuttavia, non sono mancati altri momenti di confronto tra le parti, che hanno ulteriormente rallentato il procedere del dibattimento. In particolare, è tornata al centro del confronto l’audizione di un carabiniere già sentito nel giugno 2023, che aveva preso parte alle perquisizioni successive alle prime fasi dell’inchiesta. Sebbene inizialmente la Corte avesse ritenuto conclusa la sua deposizione, ha deciso di riconvocarlo su sollecitazione dei pubblici ministeri, suscitando la reazione contraria dei difensori degli imputati e determinando diverse interruzioni dell’udienza. Dopo oltre due ore di camera di consiglio, il testimone è stato riammesso, ma la difesa ha continuato a contestarne la rilevanza, sostenendo che la sua testimonianza non aggiungesse elementi utili e fosse superata dagli sviluppi successivi.

 

Ma non è questo l’unico nodo critico emerso. La Corte ha infatti accolto un’eccezione significativa sollevata dagli avvocati della difesa, che riguarda la posizione del dottor Raffaele Sperandeo, consulente tecnico dell’accusa. La sua partecipazione agli accertamenti peritali è stata infatti esclusa per un conflitto di interessi. Il caso riguarda una perizia psichiatrica disposta dal Tribunale per valutare la persistenza di alcune condizioni cliniche già emerse nelle indagini. L’incarico era stato affidato al dottor Luca Bartoli, con facoltà per le parti di nominare i propri esperti. Il pubblico ministero aveva nuovamente indicato Sperandeo, ma l’avvocato Carlo De Stavola, legale di uno degli imputati, ha presentato un’istanza formale, sottolineando che il dottor Sperandeo aveva già testimoniato in aula come esperto tecnico, illustrando le conclusioni di una sua precedente consulenza. Questo, secondo la difesa, lo rendeva non idoneo a partecipare alle nuove perizie come consulente di parte.

 

Dopo aver valutato le memorie presentate, la Corte ha accolto l’eccezione, stabilendo l’incompatibilità di Sperandeo con l’incarico peritale. I giudici hanno richiamato la normativa vigente e la giurisprudenza in materia, secondo cui chi ha già offerto una testimonianza tecnica non può successivamente svolgere un ruolo attivo nella costruzione della prova, per garantire imparzialità e obiettività nelle valutazioni scientifiche. La Corte d’Assise ha pertanto invitato la Procura a individuare un nuovo consulente, rafforzando un principio fondamentale nell’uso delle prove tecniche nei procedimenti penali.

 

Tra gli ultimi ad essere ascoltati, anche il detenuto Giuseppe Liccardo, che in un primo momento aveva negato l’esistenza di una cosiddetta “cella zero”, salvo poi ritrattare la sua versione direttamente in aula.

 

 

 

Un click e sei sempre informato! Iscriviti al nostro canale WhatsApp per ricevere le news più importanti. Premi qui ed entra!