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Attentati nel rione per una casa, colpo di scena dopo le accuse: “Sono stato io”

CAPUA. Renaldo Likaj prende le distanze da Gazmir Shahu nel processo sugli attentati incendiari legati alla disputa per un appartamento conteso. “Gas non ha nulla a che fare con questa vicenda. I responsabili siamo solo io, Sinapi e un altro mio amico rumeno. Non mi parlava nemmeno perché detesta la droga, e io ne facevo uso. Non ho mai discusso con lui di questi incendi”, ha dichiarato Likaj davanti al tribunale di Santa Maria Capua Vetere.

Il processo, che vede imputato il 39enne albanese Gazmir Shahu, è incentrato sugli atti intimidatori compiuti per conto di Claudio Sinapi e Annamaria Fortino, determinati a impossessarsi di un’abitazione a un prezzo irrisorio. Likaj, condannato a 3 anni e 8 mesi con rito abbreviato, ha ammesso il proprio coinvolgimento nei raid incendiari e ha dettagliato i compensi ricevuti: “Per il primo incendio, Sinapi mi ha pagato 1000 euro; per il secondo, 1500 euro”.

Durante l’udienza, ha testimoniato anche Raffaele Simone, proprietario di un bar e intermediario nella trattativa per la casa. Simone ha raccontato di aver trasmesso alla vittima l’offerta di Sinapi, scoprendo che l’immobile non era mai stato messo in vendita. Dopo aver riferito l’esito a Sinapi, ha dichiarato di non aver più avuto contatti con lui.

Parola al perito

È stato ascoltato anche un perito trascrittore incaricato di analizzare alcune incongruenze tra la perizia ufficiale e le intercettazioni dei carabinieri di Capua. Il sostituto procuratore Gerardina Cozzolino ha chiesto l’intervento di un fonico per chiarire il contenuto delle registrazioni ambientali effettuate nella palestra di Sinapi e nell’auto a lui in uso. Inoltre, la Procura ha chiesto di acquisire un’intercettazione telematica relativa a un numero di telefono che si sospetta appartenesse a “Gas” e che era memorizzato nel cellulare di Likaj con la sigla “D”. La prossima udienza è fissata per marzo.

La posizione di Gazmir Shahu è stata separata dal procedimento principale, e il giudice per l’udienza preliminare Daniela Vecchiarelli ha già emesso condanne: 4 anni di reclusione per Sinapi e Fortino per estorsione e stalking, e 3 anni e 8 mesi per Likaj per incendio doloso.

La vicenda nasce dall’acquisto di un appartamento in piazza Di Rauso a Capua da parte di una famiglia, lo stesso che i coniugi Sinapi desideravano ottenere. Da quel momento, per le vittime è iniziato un incubo: minacce, vandalismi e sabotaggi domestici. Grondaie otturate con calce, ascensori bloccati, danni alla porta d’ingresso e persino minacce di morte: “Ti togliamo di mezzo, ti ammazziamo, se non lasci questo condominio vedrai cosa ti succede”, sarebbero state le intimidazioni rivolte al capofamiglia (poi deceduto) e ai suoi parenti.

Dopo il rifiuto di vendere l’immobile per 70mila euro, gli atti intimidatori sono culminati nei raid incendiari contro le auto della famiglia: una Fiat 500 data alle fiamme a novembre 2022 e una Citroën C3 bruciata a maggio 2023. Secondo le indagini dei carabinieri, i coniugi Sinapi avrebbero assoldato Likaj e un altro complice per poche migliaia di euro, causando la distruzione di ben sette veicoli.

Il processo prosegue con nuovi sviluppi attesi nelle prossime udienze.

 

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