CASAL DI PRINCIPE. Ha incontrato il marito capoclan durante il breve periodo in cui quest’ultimo ha avviato la collaborazione con la giustizia, poi interrotta; e con lui ha potuto parlare dopo anni senza essere ascoltata. A rivelarlo è stata Giuseppina Nappa, moglie del padrino dei Casalesi Francesco Schiavone “Sandokan”, sentita in videoconferenza al processo in corso al tribunale di Santa Maria Capua Vetere e relativo agli appalti di Rete Ferroviaria Italiana finiti ad aziende vicine al clan dei Casalesi.
Un processo in cui compaiono numerosi imputati tra cui in particolare i fratelli Nicola e Vincenzo Schiavone, accusati di concorso esterno e ritenuti dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, in particolar modo il 70enne Nicola, socio storico di Sandokan, nonché amico di vecchia data del capoclan, avendogli anche tenuto a battesimo il primogenito Nicola.
Giuseppina Nappa, già durante le indagini preliminari, aveva rivelato come le fortune imprenditoriali del 70enne Nicola Schiavone fossero dipese dal sostegno costante del marito. “Ha usato il lievito madre di Sandokan”, le parole che Nappa avrebbe pronunciato durante gli interrogatori tenuti davanti ai magistrati della Dda in fase di indagine; parole che al processo non ha ripetuto, sebbene abbia confermato che “ogni cosa che muniaciello (il soprannome del 70enne Nicola Schiavone, ndr) ha realizzato, lo ha fatto in nome e per conto del clan, o meglio di mio marito”. Ma a suscitare più di una perplessità tra gli avvocati difensori degli imputati è stata l’ammissione fatta da Nappa sull’incontro avuto a marzo con il marito, che in quel momento aveva avviato un percorso di collaborazione. Un’ammissione fatta mentre si discuteva delle regalie che Nicola Schiavone avrebbe fatto a Nappa e ai figli a Natale e Pasqua, che, a suo dire, avvennero fino a un certo punto e poi si diradarono.
Ad una precisa domanda se avesse avvertito di ciò suo marito, la donna ha riferito che poiché il marito era in carcere al 41bis e i colloqui erano registrati “non gli ho detto nulla”, ma queste circostanze gliele ha riferite lo scorso marzo quando l’ha incontrato in carcere, e “in quella occasione nessuno ci ascoltava”. Avvocati perplessi per una “gestione del collaboratore piuttosto particolare”, e perché Sandokan, sempre mentre era collaboratore, ha potuto incontrare anche il figlio Emanuele Libero, che non ha accettato la scelta del padre cercando invece di riorganizzare le attività illecite a Casal di Principe, tra cui lo spaccio di droga, e finendo per essere arrestato. L’udienza è stata aggiornata al mese di settembre.