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Agguato al figlio del ras ucciso, non fu estorsione: condanne minime per 3 fratelli

SAN CIPRIANO D’AVERSA/CASAL DI PRINCIPE/SAN MARCELLINO/CASTEL VOLTURNO. Si è concluso l’11 aprile il processo a carico dei fratelli Taurino (Francesco, Gennaro e Giuseppe), figli del ras del clan dei Bidognetti Carlo Taurino, deceduto in carcere per cause naturali.
I fratelli Taurino, difesi dall’avvocato di fiducia Antonio Iorio del Foro di Torre Annunziata, si erano resi protagonisti, nel mese di giugno 2023, di una sparatoria ai danni e contro Tammaro Caterino(figlio del boss Sebastiano Caterino, ucciso dai Casalesi nel 2003, detto l’evraiuolo), sparatoria messa in opera in pieno giorno e nel comune di Casale, secondo la procura, perché Caterino non avrebbe corrisposto ai germani Taurino la somma di euro 7.000 euro circa, a titolo di estorsione, nonostante uno dei 3 fratelli lo avesse addirittura minacciato di “fargli fare la stessa fine del padre”.

Lo scorso 11 aprile si è concluso il processo di primo grado, la procura aveva richiesto 7 anni di reclusione per i fratelli Taurino.
Per il Tribunale di Napoli Nord, presieduto dal Dott. Cioffi, non c’è stata nessuna estorsione e i tre fratelli imputati hanno riportato pene “davvero minime” sebbene in rito ordinario: Taurino Giuseppe è stato condannato a solo 1 anno di reclusione, mentre i germani Francesco e Gennaro hanno incassato soli 3 anni per porto e detenzione di arma nonché per spari in luogo pubblico.

I fatti risalgono al 9 giugno 2023, allorquando, all’esterno di un bar sito nel centro del comune di San Cipriano d’Aversa, veniva esploso un colpo di pistola all’indirizzo di una autovettura, che perforava il portellone del cofano posteriore, in prossimità del lunotto.

Il tutto dopo che due dei tre fratelli si erano poi incontrati lo stesso giorno con Caterino per un chiarimento trasformatosi in lite con l’esplosione del colpo di pistola.

Le immediate attività d’indagine consentivano di rilevare che a sparare era stato il conducente di una vettura che, dopo aver seguito quella attinta, aveva fatto fuoco per poi fuggire in direzione di San Marcellino.

Il successivo sviluppo delle investigazioni, forte di un’importante attività d’analisi dei sistemi di videosorveglianza presenti in zona e dell’incrocio delle relative evidenze con ulteriori acquisizioni informative, permetteva di acclarare che l’avvenimento era stato l’epilogo di una violenta lite avvenuta pochi minuti prima tra le due persone presenti all’interno dell’auto attinta dal colpo di pistola e gli altrettanti occupanti della vettura da cui il colpo era stato esploso.

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