MARCIANISE. La multinazionale Usa dell’elettronica Jabil non deve in alcun modo lasciare il territorio casertano, già oggetto di un depauperamento industriale che va avanti da dieci anni. E’ quanto emerso dall’incontro avuto a Caserta dai rappresentanti sindacali dell’azienda (Rsu) con i segretari casertani e quelli nazionali delle sigle dei metalmeccanici Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm.
Un incontro voluto fortemente da tutti i 425 dipendenti dello stabilimento situato nell’area industriale di Marcianise per fare il punto su una vertenza che si trascina da anni, da qualche mese uscita dai riflettori dei media dopo il prolungamento fino a maggio prossimo della cassa integrazione, che ha dato un po’ di ossigeno ai lavoratori. Ma con la scadenza della cig, si riaddensano le nubi sul futuro di un sito produttivo su cui Jabil, denunciano i sindacati in una nota congiunta, “ha deciso da anni di non investire, dichiarando da tempo il suo ridimensionamento”; anzi nell’ultimo piano industriale l’azienda prevede di scendere ad un organico di 250 dipendenti. Sindacati e lavoratori bollano poi come “voci ipotetiche e fantasiose quelle corse in questi mesi sul futuro di Jabil e legate a cessioni a imprenditori locali”, e ribadiscono che “il futuro di Jabil debba rimanere in capo alla stessa Jabil”.
Anche perché, si osserva, la domanda nel mercato dei componenti elettronici e microelettronici, di cui si occupa la Jabil, “cresce di anno in anno in tutti i settori della manifattura, in cui i finanziamenti pubblici a sostegno dei progetti di ricerca-sviluppo, della reindustrializzazione dei prodotti e aggiornamento dei processi produttivi sono cospicui; per questo siamo convinti che la missione industriale di Jabil sul territorio si possa confermare e anzi rafforzare anche in un suo sviluppo occupazionale, visto il trend positivo del fatturato”.
Negli ultimi anni sono oltre 250 i dipendenti che hanno lasciato la Jabil, la maggior parte con incentivi, e quasi tutti sono stati riassunti in aziende, come Softlab e Orefice (pagate dalla stessa Jabil per riassumere i propri addetti), che avevano firmato in sede istituzionale patti di reindustrializzazione che però non sono mai partiti o decollati.