
Santa Maria Capua Vetere. “Gli agenti entrarono in cella, ci fecero spogliare e fare le flessioni, poi minacciarono uno di noi di infilargli il manganello in una parte intima se non avesse tirato fuori il cellulare. Ci chiudemmo a guscio e quella minaccia rimase tale”.
È un racconto scioccante ma anche pieno di “non ricordo” e di “prime volte” quello reso dal detenuto De Novellis, vittima dei pestaggi dell’aprile 2020 al carcere di Santa Maria Capua Vetere; De Novellis è stato sentito come testimone al processo davanti al collegio di Corte d’Assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere in corso nell’aula bunker annessa al carcere.
Il teste – costituitosi parte civile, attualmente ancora recluso ma in altro carcere – riferisce anche di un detenuto cui “avrebbero rotto i denti a pugni”, e riconosce per la prima volta in aula due agenti penitenziari che a suo dire avrebbero usato violenza contro i reclusi; non li aveva mai riconosciuti dopo i fatti.
Si tratta degli imputati Claudio Di Siero e Raffaele Piccolo; 105 in totale gli imputati tra agenti, funzionari del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e medici dell’Asl.

