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Morte prof, marito indagato: “Le vietava palestra per gelosia”. I primi retroscena

MARCIANISE. Ci sarebbero mesi di privazioni dietro la disperazione di Raffaella Maietta, insegnante 55enne investita e uccisa il 5 maggio scorso da un treno alla stazione di Marcianise.

La Procura di Santa Maria Capua Vetere (sostituto Gerardina Cozzolino) ha iscritto nel registro degli indagati il marito della docente, Luigi Di Fuccia, operaio edile di 65 anni, contestandogli il reato di maltrattamenti commessi proprio ai danni della donna; all’uomo è stato notificato un avviso di garanzia.

Un passo, quella della Procura, che potrebbe aprire nuovi scenari sulla morte della Maietta, in relazione alla quale la Procura ipotizza l’istigazione al suicidio. Dai primissimi accertamenti eseguiti dopo la morte della 55enne, era infatti emersa con forza l’ipotesi del suicidio, tanto che lo stesso pm aveva subito liberato la salma per i funerali, ritenendo non necessario disporre l’autopsia. I due figli della donna – Tommaso e Katia di 30 e 28 anni, entrambi insegnanti nel nord Italia, l’uno a Lodi e la seconda a Firenze – insieme al padre Luigi (difeso dall’avvocato Andrea Piccolo), non hanno però mai creduto all’ipotesi del suicidio, e hanno presentato un esposto alla Procura come parte offese chiedendo di far piena luce sulla morte della Maietta.

Gli svaghi negati

L’ipotesi del suicidio è però rimasta quella prevalente, anche alla luce delle immagini estrapolate dalle telecamere di videosorveglianza della stazione e dalle testimonianze delle persone presenti al momento del fatto. Gli inquirenti hanno però analizzato anche il cellulare della donna e ascoltato altri familiari della prof, come le sorelle, al fine di capire se l’eventuale gesto estremo potesse essere stato istigato da qualcuno.

Ecco quindi la nuova ipotesi di reato a carico di Di Fuccia, non collegata al momento alla vicenda della morte della 55enne. Per la Procura Di Fuccia avrebbe maltrattato sistematicamente la moglie, aggredendola fisicamente e controllandone i movimenti, mostrando gelosia e possessività. Alla maestra, come raccontato in una testimonianza, acquisita dalle indagini era vietato perfino iscriversi in palestra o a un corso di ballo. Per gelosia il marito non avrebbe preso bene nemmeno il lavoro di insegnante.

L’uomo, già sentito dagli investigatori dopo la tragedia, ha respinto le accuse mosse dalla Procura in attesa della conclusione delle indagini.