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La nuova identità dell’imprenditore-pentito, famiglia si divide. Da spia a gola profonda del nuovo racket

MARCIANISE. Chi l’ha incrociato prima della fissazione dell’udienza preliminare a fine luglio, ha visto un uomo macerato dai dubbi. Un padre che non riusciva a stare lontano dalle sue figlie e che mai si sarebbe aspettato finire nel vortice giudiziario con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso.

Forse per questo Agostino Piccolo, imprenditore edile prima e poi impegnato nei servizi finanziari poi, ha maturato la scelta di diventare collaboratore di giustizia. Una scelta sofferta, ma che ha di fatto diviso la sua famiglia. Sono già da tempo partite per una località protetta, la moglie con le due figlie piccole. Hanno, invece, rifiutato il programma di protezione e sono rimasti a Marcianise i fratelli e le sorelle del 42enne di Marcianise. Una decisione che rimarca la distanza da quel fratello che ora potrebbe colpire, con le sue dichiarazioni, proprio i cugini Achille Piccolo, omonimi e figure di riferimento del cartello criminale dei Quaqquaroni.

Le sue attività

Prima dell’arresto Piccolo, titolare di una piccola ditta, aveva aperto un’attività in città e si occupava di assistenza per la ricerca dei bonus elargiti dal Governo. Una vita apparentemente normale, scandita dai ritmi normali di chi si barcamena tra obblighi familiari e impegni di lavoro. Poi, ad aprile, il fulmine a ciel sereno: il blitz della polizia, l’arresto all’alba, le gravi accuse.

Secondo la Dda Piccolo sarebbe di fatto il nuovo referente dei Quaqquaroni: in pratica un capoclan ma incensurato. All’imprenditore crolla il mondo addosso: prova a difendersi nel corso dell’interrogatorio, ma la cella della casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere diventa qualcosa di insostenibile. L’Antimafia capisce che è sul punto di cedere: quando in carcere in Calabria gli viene notificato l’avviso di conclusione delle indagini, Piccolo ha già maturato la scelta di diventare collaboratore di giustizia.

Per i magistrati, nonostante la caratura criminale mai dimostrata nei fatti (il primo processo della sua vita per camorra comincerà a novembre), è una pedina preziosa: è rimasto sempre a piede libero a Marcianise, conosce fatti e circostanze di prima mano e non de relato. Inoltre quella parentela coi boss lo rende un profondo conoscitore delle dinamiche dei Quaqquaroni. Il racket 2.0 dove le forniture hanno preso il posto della mazzetta potrebbe essere solo il punto di inizio di una collaborazione in grado di squarciare il velo sugli affari dell’ultimo decennio della camorra marcianisana.

“Era uno spione”

A parlare di Agostino Piccolo per primo è stato un elemento di spicco del clan rivale dei Belforte, Bruno Buttone. L’ex ras avversario così tratteggiò ai magistrati la sua figura: “Riconosco nella foto un cugino dei cugini Achille Piccolo, di nome Agostino di cui non ricordo il cognome, forse anche lui si chiama Piccolo. Lui ha sempre militato nel clan Piccolo ed era adibito essenzialmente a due funzioni, in particolare la segnalazione dei cantieri a cui imporre l’estorsione e soprattutto aveva il ruolo di avvistatore delle vittime negli omicidi commessi dal suo gruppo. Era praticamente il corrispondente di Tarzano, cioè Camillo Antonio Bellopede nel nostro gruppo.

Sono sicuro che questa funzione è stata svolta in relazione all’omicidio di Carlo Barone avvenuto nella piazza Umberto I di Marcianise, nel 1998: ero detenuto quando è stato commesso l’omicidio. Questa cosa mi è stata detta da Vittorio Santonicola che aveva visto Agostino nella piazza dove aveva la funzione di spione per il gruppo avverso. Io pure l’ho visto in diverse occasioni aggirarsi nei pressi della mia abitazione quando io dopo la scarcerazione avvenuta alla fine degli anni 90 ho abitato per un certo periodo a Marcianise in via San Giuliano”.

 

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