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Svelata rete di protezione del ras latitante, 6 nei guai: incombe processo. I NOMI

CASAL DI PRINCIPE/ACERRA. Svolta nell’inchiesta sulla fuga del ras dei Casalesi Francesco Cirillo, catturato nel gennaio 2021 al rione Spiniello di Acerra, dopo un periodo di latitanza. La Dda ha chiuso le indagini su sei persone, accusate di aver fatto parte della rete di protezione che avrebbe consentito all’esponente della fazione Bidognetti di proseguire la latitanza nell’anominato rifugiandosi in territorio acerrano.

Rischiano il rinvio a giudizio Grazia Boiano e Gaetano Cirillo per aver ospitato il ras nella loro abitazione del rione Spiniello; Fabiana De Monaco e Paola De Vivo per essere state le sue vivandiere;Maurizio Conte e Antonio Cembalo per avergli fonito auto e altri servizi, come schede telefoniche.

Le ipotesi di reato sono procurata inosservanza della pena, condotta aggravata dalla finalità mafiosa avendo agevolato la fazione Bidognetti dei Casalesi.

La cattura

Il ras dei Casalesi Francesco Cirillo venne rintracciato dopo due mesi di latitanza in un’abitazione di via Anna Kuliscioff ad Acerra: era ricercato dal novembre 2020 dopo il pronunciamento della Corte di Cassazione che lo aveva condannato a 30 anni per l’omicidio di Domenico Noviello, ucciso il 16 maggio del 2008 a Castel Volturno da un commando di killer guidati dal capo dell’ala stragista dei Casalesi Giuseppe Setola.

L’operazione che ha portato alla cattura di Cirillo venne condotta dai carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Caserta che fecero irruzione poco dopo le 17 nel covo, dopo aver blindato l’ingresso della strada residenziale del rione Spiniello dove il ras “Pasqualino Coscialonga” aveva trovato rifugio.

Il conto “in sospeso” con la vittima

Secondo quanto emerse dai tre gradi di giudizio, i sicari agirono per punire Noviello, che alcuni anni prima, insieme al figlio Massimiliano (oggi sotto scorta), aveva denunciato e fatto arrestare per estorsione proprio Cirillo con altri esattori del clan; in quella circostanza, era il 2001, Francesco Cirillo fu l’unico condannato tra i camorristi arrestati. Già allora si diede alla latitanza dopo la condanna.

La stagione del terrore

Sette anni dopo la condanna di Cirillo, Setola – era il 2008 – diede il via alla “stagione del terrore”, durante la quale il clan “risolse” alcune questioni sospese e provo’ a riaffermare a suon di proiettili il suo predominio sul territorio, con 18 morti in pochi mesi. Morirono imprenditori coraggiosi come Noviello, Raffaele Granata e Antonio Celiento, parenti di pentiti, e i sei immigrati ghanesi della cosiddetta “strage di San Gennaro” (settembre 2008). Tutti i killer, ad iniziare da Setola, per proseguire con i suoi luogotenenti Giovanni Letizia e Alessandro Cirillo, sono da anni in carcere con ergastoli o comunque pesanti pene detentive per quei delitti, tra cui l’omicidio Noviello. L’ultimo del gruppo di fuoco a mancare all’appello per la morte di Noviello era proprio Francesco Cirillo, cugino di Alessandro, il cui iter processuale e’ stato molto travagliato e costellato di colpi di scena, con ben cinque processi, tra cui due pronunce della Cassazione. In primo grado Cirillo era stato condannato all’ergastolo come gli altri partecipanti al delitto, poi era stato l’unico ad essere assolto in appello, nonostante avesse rappresentato il “pretesto” per uccidere Noviello. Lo stesso Setola, durante il processo, aveva affermato di aver ordinato “l’omicidio di Noviello perche’ aveva mandato in carcere Francesco Cirillo”.

Dopo l’assoluzione in Appello, la Corte di Cassazione aveva pero’ annullato la sentenza, rinviando ad un’altra sezione della Corte di Appello di Napoli perche’ valutasse meglio le prove a suo carico; i magistrati di secondo grado hanno cosi’ rideterminato la pena e la Cassazione ha apposto a novembre quello che sembrava il “sigillo finale” del processo, che invece ha uno strascico molto preoccupante. Cirillo viveva a Casal di Principe, ma non si fece trovare a casa quando i carabinieri – delegati dalla magistratura – andarono a notificargli l’ordine di carcerazione per l’esecuzione della pena. Due mesi dopo spuntò in un’abitazione di Acerra dalla quale provò a sfuggire per l’ultima volta aggrappato ad un balcone come Spiderman.