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Imprenditore convocato dal clan al bar: ecco dove si svolgevano i summit

MARCIANISE. E’ stato Primo Letizia a raccontare di una estorsione chiave dell’ultima inchiesta sui Nuovi Quaqquaroni. Nel 2015 il fratello del collaboratore Salvatore Letizia, insieme a Pasquale Regino e Giovanni Pontillo, incontrò un imprenditore in un bar di via Novelli e gli impose di presentarsi a casa del primo per concordare la somma che avrebe dovuto pagare a titolo di estorsione.

Il giorno dopo l’imprenditore si presentò a casa di Salvatore Letizia ed alla presenza dello stesso collaboratore gli venne imposto il pagamento di 6mila euro in tre rate da pagare in occasione delle tre principali festività. Il pentito ha ricostruito che ciò accadeva nel mese di marzo di quell’anno in quanto l’imprenditore fu costretto a ritirare personalmente presso la sede dell’azienda. Dal maggio 2015 al settembre 2016 quando fu arrestato si occupò in prima persona dell’estorsione.

Le accuse

Associazione camorristica, detenzione di armi ed estorsione con il metodo mafioso: sono i reati contestati alle sette persone arrestate all’alba dalla Polizia di Stato su ordine del gip del tribunale di Napoli, e ritenute organiche al clan Piccolo-Letizia operante nel Casertano in particolare nei comuni di Marcianise, Macerata Campania, Capodrise. In carcere sono finiti Agostino Piccolo, Gaetano Monica e Salvatore Letizia (fratello del collaboratore di giustizia Primo Letizia), ai domiciliari gli indagati Ottavio Sorbo, Gaetano Viciglione, Amedeo Belvisto e Pasquale Regino; un’ottava persona sottoposta ad indagini è invece deceduta nei mesi scorsi.

L’indagine coordinata dalla Distrettuale Antimafia di Napoli e realizzata dalla Squadra Mobile di Caserta, è partita nel 2019 dopo un’altra operazione che ha portato all’arresto dei capi del clan Piccolo, cosca che si contrappone da decenni a colpi di sanguinose faide all’altro storico clan di Marcianise, i Belforte; in quella circostanza finirono agli arresti anche elementi del clan Perreca di Macerata Campania, alleato dei Piccolo.

Dopo il blitz gli inquirenti hanno cercato di capire chi fossero gli altri elementi che di muovevano attorno ai capi, scoprendo l’identità degli incaricati delle richieste estorsive verso gli imprenditori. Sono stati così ricostruiti, anche grazie alle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, numerosi episodi estorsivi. Gli indagati realizzavano intimidazioni armate all’indirizzo degli imprenditori taglieggiati, operanti nei settori più disparati (rivendita di autovetture, edilizia, onoranze funebri, smaltimento di rifiuti, supermercati, abbigliamento, pet food e altro). Le pretese estorsive, che giungevano fino alla somma di 2-3000 euro, da corrispondersi in occasione delle festività natalizie e pasquali, sono culminate talvolta nel danneggiamento, a colpi d’arma da fuoco, delle sedi delle aziende taglieggiate per costringere i titolari a pagare. Nel corso delle indagini sono state sequestrate armi, come una pistola calibro 9ž21 con matricola abrasa completa di caricatore e 16 cartucce.