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Giro di scommesse gestito dal figlio del boss: piattaforma venduta ai Casalesi

 

CASAL DI PRINCIPE. In due anni avrebbero incassato 5 miliardi di euro: figurano anche persone ritenute dagli inquirenti della Procura di Salerno (guidata dal procuratore Giuseppe Borrelli) legate al clan dei Casalesi tra i 33 soggetti ai quali i carabinieri hanno notificato altrettante misure cautelari nell’ambito di una indagine della Dda su un vasto giro di giochi e scommesse illegali esteso oltre che in mezza Italia anche a Panama, Romania e Malta.

Contestualmente sono stati messi sotto sequestro preventivo, su richiesta dell’autorità giudiziaria, anche undici siti web e due società – la Europartner e la cooperativa Iocosa Ludum, entrambe con sede legale a Mercato San Severino (Salerno) – e tre milioni di euro, ritenuto provento delle attività illecite, riconducibili a Luigi Giuseppe Cirillo, figlio del defunto boss calabrese di Sibari, e ad altre persone ritenute dagli investigatori suoi prestanome.

Il ruolo del figlio del boss

Se svolto in maniera lecita avrebbe fatto confluire nelle casse dello Stato circa mezzo miliardo di euro il giro di scommesse illegale, gestito da Luigi Giuseppe Cirillo, a cui oggi hanno messo fine la DDA e i Carabinieri di Salerno che hanno arrestato 33 persone (in Italia e all’estero) e sequestrato siti web e beni per milioni di euro.

A Cirillo, figlio del defunto boss calabrese di Sibari Giuseppe Cirillo, gli inquirenti contestano, tra l’altro, l’auto riciclaggio per avere investito nei paradisi fiscali, in particolare a Panama, i proventi delle sue attività criminali acquistando una serie di immobili.

Tra gli episodi finiti sotto la lente degli investigatori anche la vendita di una lussuosa Lamborghini Murcielago, intestata – in maniera fittizi – a una società della Repubblica Ceca e invece riconducibile ad alcuni degli indagati. La fuoriserie sarebbe stata venduta a una concessionaria a Torino anche se in denaro invece è stato versato su un conto corrente di Panama intestato proprio a Cirillo. Cirillo, è emerso ancora dall’attività investigativa, avrebbe anche minacciato con una pistola un rivale che reclamava un credito: per questo motivo gli viene contestato anche il porto abusivo di arma da sparo. L’aggravante mafiosa dell’associazione a delinquere, invece, gli è stata contestata per avere fornito la piattaforma a soggetti ritenuti legati al clan dei Casalesi.