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Petrolmafie, sequestri da 15 milioni: blitz nel Casertano

 

CASERTA. Fa capolino anche nel Casertano l’operazione Petrolmafie che ha portato a sequestri in diverse regioni italiane.

I Finanzieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria e dello Scico, sotto il coordinamento della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, hanno dato corso, con il supporto dei Reparti del Corpo competenti per territorio, nelle province di Asti, Milano, Piacenza, Parma, Roma, Latina, Caserta, Napoli, Bari, Brindisi e Lecce ad un decreto emesso dall’Ufficio Gip del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della medesima Procura della Repubblica con il quale è stato disposto il sequestro preventivo dell’intero patrimonio aziendale di tre società di capitali operanti nel settore del commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi, disponibilità finanziarie, beni mobili ed immobili, per un valore complessivo stimato in circa 15 milioni di euro.

Le investigazioni hanno altresì consentito, in questa fase del procedimento penale e fatte salve le necessarie conferme nel merito, di lumeggiare gli interessi della ‘ndrangheta, e di altre organizzazioni criminali siciliane e campane nella gestione del business del commercio di prodotti petroliferi – settore economico altamente remunerativo – sull’intero territorio nazionale, per il tramite di una vera e propria joint venture criminale volta alla massimizzazione dei profitti illeciti ai danni dello Stato e della libera concorrenza. In particolare, le società investigate (cartiere), affermando fraudolentemente di possedere tutti i requisiti richiesti al fine di poter beneficiare delle agevolazioni previste dalla normativa di settore, presentavano ad un deposito fiscale ubicato nella provincia di Reggio Calabria – volano della frode – la relativa dichiarazione di intento per l’acquisto del prodotto petrolifero senza l’applicazione dell’Iva. Il prodotto così acquistato, a seguito di diversi (e cartolari) passaggi societari, veniva poi ceduto, a prezzi concorrenziali, ad individuati clienti. Nel corso delle indagini è stato ricostruito un giro di false fatturazioni per un ammontare complessivo di oltre 600 milioni di euro ed Iva dovuta per oltre 130 milioni di euro, appurando l’omesso versamento di accise per 31 milioni di euro.

I proventi derivanti dalla frode venivano trasferiti verso una fitta rete di conti correnti controllati dall’organizzazione criminale, intestati a società di comodo o persone fisiche, da cui il denaro veniva in seguito trasferito verso società di comodo estere o prelevato in contanti e restituito (sempre in contanti) tanto ai membri dell’organizzazione quanto agli acquirenti del prodotto petrolifero.

I profitti illeciti, così ripartiti dai membri dell’organizzazione, venivano reinvestiti nello stesso circuito criminale e/o impiegati in altre attività finanziarie/imprenditoriali così determinando un vorticoso giro di riciclaggio – autoriciclaggio, per un importo complessivo di oltre 173 milioni di euro. Parte di detto importo (per oltre 41 milioni di euro) veniva riciclato su conti correnti esteri riconducibili a società di comodo bulgare, rumene, croate ed ungheresi, per poi rientrare nella disponibilità dell’organizzazione medesima.