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Belforte ridimensionati, “soldati” del clan emigrano per riciclare e spacciare

 

MARCIANISE. E’ una fotografia di un clan che prova a resistere ma che è lontano parente della macchina da guerra che seminava morte al tempo della faida e toccava milioni di euro negli affari degli appalti.

Il quadro del clan Belforte, tracciato dal rapporto semestrale della Dia, reso noto nei giorni scorsi è quello di un cartello disgregato, dove qualche “soldato” tenta la carta dell’allontanamento dalla base per provare a rimettersi in gioco nelle attività della cessione di stupefacenti e del riciclaggio.

“Originari di Marcianise e attivi anche nel capoluogo i BELFORTE rappresentano uno dei clan più radicati nella provincia sebbene sensibilmente ridimensionati dagli arresti e dalle pesanti condanne inflitte ai suoi maggiori esponenti. Nell’area gravitano il clan PICCOLO-LETIZIA da sempre antagonista dei BELFORTE e altri aggregati criminali di profilo minore per lo più a struttura familiare e dediti prioritariamente ad attività di spaccio e estorsioni, i MENDITTI presenti a Recale e a San Prisco e i BIFONE a Macerata Campania, Portico di Caserta, Casapulla, Curti, Casagiove e San Prisco”. scrivono gli 007 nel dossier

La sponda adriatica

“Riguardo alle organizzazioni camorristiche lo scorso semestre era stata rilevata la presenza di soggetti legati ad esempio al cartello dei CASALESI, ai marcianisani BELFORTE (come emerso dall’inchiesta “Doppio gioco” del 17 giugno 2020), nonché ai gruppi napoletani CONTINI, AMATO-PAGANO, MOCCIA e MALLARDO per i quali il territorio abruzzese ha rappresentato un punto di approdo soprattutto per le attività di riciclaggio e per la vendita di sostanze stupefacenti anche attraverso figure criminali di minor spessore talvolta del beneventano.”