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Ex assessore ucciso dal clan, due condanne

 

SAN NICOLA LA STRADA/CASAL DI PRINCIPE. Si chiude per due imputati eccellenti il processo per l’omicidio dell’imprenditore ed ex assessore di San Nicola la Strada Vincenzo Feola, assassinato nel 1992 dal clan dei Casalesi.

La Cassazione ha respinto i ricorsi presentati dai legali facendo diventare definitive le condanne a 30 anni di reclusione per il boss Francesco Bidognetti detto “Cicciotto ‘e Mezzanotte” e a 14 anni per Ettore De Angelis. I due – secondo la ricostruzione della Dda – hanno avuto i ruoli rispettivamente di mandante e specchiettista in quell’efferato delitto, ricostruito grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Nicola Panaro, Dario De Simone, Cipriano D’Alessandro e Giuseppe Misso.

L’omicidio

Il 21 ottobre 1992, poco dopo le ore 6.00, Vincenzo Feola, imprenditore nel settore della vendita di calcestruzzo e materiali per l’edilizia, mentre era a bordo del proprio veicolo fu attinto da diversi colpi di arma da fuoco. Il collaboratore di giustizia Dario De Simone fu il primo ad indicare quale movente dell’omicidio l’infiltrazione mafiosa nell’ambito produttivo in cui operava l’imprenditore e alla non ottemperanza dello stesso alle direttive del clan quanto alla determinazione dei prezzi di vendita del materiale in danno delle altre imprese facenti parte del Consorzio C.E.D.I.C. controllato dai Casalesi.

 

 

Il delitto per cui Cicciariello era finito sotto processo, è quello dell’imprenditore ed ex assessore del comune di San Nicola la Strada Vincenzo Feola, ucciso in un agguato nel 1992 in viale Carlo III, per il quale in passato sono stati già condannati altri mandanti ed esecutori, come il capoclan Francesco Bidognetti. Per l’accusa, sostenuta dalla dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Nicola Panaro e Cipriano D’Alessandro – entrambi condannati a 12 anni per questo delitto – Schiavone sarebbe stato tra i mandanti dell’agguato mortale, deciso perché Feola avrebbe deciso di uscire dal Cedic, il consorzio del cemento creato dall’ex fondatore del Casalesi Antonio Bardellino e a cui tutti i costruttori dovevano aderire e rifornirsi.