Skip to main content

Covid uccide due volte: “Tumori più gravi per blocco di visite e cure”

 

CAPUA/NAPOLI.  “Stiamo trattando numerosi tumori in fase avanzata che sono una diretta conseguenza dei rallentamenti nella fase di screening causati dalla paura del Covid”. E’ l’allarme del primario di Chirurgia 3 dell’ospedale Cardarelli di Napoli ed ex sindaco di Capua Carmine Antropoli, uno dei reparti di eccellenza dell’azienda ospedaliera più grande del Sud Italia che durante la pandemia ha dovuto fare i conti con le paure dei pazienti di contrarre il virus.

 

“Bisogna farsi visitare, seguire i protocolli e non mancare agli accertamenti, tenere alta l’asticella dei controlli, in sostanza, – spiega all’Ansa Antropoli – altrimenti il rischio di un incremento degli interventi chirurgici più importanti cresce vertiginosamente. Lo screening è un’arma fondamentale per la prevenzione”.

 

Tutti i medici del Cardarelli hanno lavorato senza sosta dall’inizio della pandemia per arginare l’avanzata dei virus ma anche per cercare di tenere sotto controllo i pazienti molti dei quali, però, proprio in quel periodo terribile, hanno scelto di evitare gli ospedali pagandone le conseguenze. In quattro mesi la Chirurgia 3, sotto il coordinamento del suo direttore Carmine Antropoli ha eseguito 252 interventi chirurgici “open” e 48 in laparoscopia. La sua unità operativa tratta prevalentemente le patologie oncologiche dell’apparato digerente e dell’addome, ma non solo. “A causa dello stadio avanzato di queste patologie, inoltre, – continua il primario – siamo costretti perlopiù a ricorrere a interventi ‘open’ che, attualmente prevalgono rispetto a quelli in laparoscopia, meno indicati quando la situazione si fa più seria”.

 

Ovviamente non mancano i cosiddetti interventi di routine come colecisti, laparoceli ed ernie. Tra i tanti che Antropoli ha dovuto eseguire in questi mesi, in cui il Cardarelli è stato costretto ad assumere anche le caratteristiche di un ospedale che tratta anche le malattie infettive, è quello di una mamma di tre figli di appena 31 anni.

 

“La sua era una situazione piuttosto grave – ricorda Antropoli – perché alla pancreatite si sono aggiunte le complicazioni derivanti dal contagio. Aveva problemi respiratori importanti e quindi non potevamo operare in anestesia totale. Malgrado le difficoltà siamo riusciti a intervenire efficacemente in anestesia locale. E’ andato tutto per il meglio e adesso sta bene. Spesso ci chiama per ringraziarci e noi ne siamo lieti. Ma è stato davvero complicato: in sala operatoria sembravamo degli astronauti”.