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Frode sulle auto usate, 17 arresti: scoperti legami con i Casalesi

CASAL DI PRINCIPE. Evasione, frode fiscale, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, estorsione aggravati dal vincolo associativo. Sono i reati contestati a 17 persone – delle quali 6 in carcere e 11 agli arresti domiciliari – dai finanzieri di Frosinone nei confronti dei quali alle prime luci dell’alba è stata data esecuzione a un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali disposta dal Gip del Tribunale di Cassino, Salvatore Scalera. Con la stessa ordinanza, inoltre, è stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni per un valore di oltre 13 milioni di euro.

 

I provvedimenti arrivano al termine di una complessa attività d’indagine, coordinata dalla Procura Repubblica di Cassino e condotta dal Gruppo della Guardia di Finanza di Cassino, che ha consentito di individuare due distinte associazioni a delinquere, capeggiate da uomini dall’elevato spessore delinquenziale, già noti alla giustizia e sottoposti a misure di prevenzione personali e patrimoniali, i quali, peraltro, in passato avevano intessuto legami anche con esponenti di spicco dell’organizzazione camorristica riconducibile al clan dei Casalesi. Attraverso la commissione di numerosi reati, anche di natura fiscale, le associazioni erano riuscite ad acquisire rilevanti quote di mercato, costituendo delle vere e proprie posizioni dominanti, operando in un regime quasi monopolistico nel settore della commercializzazione di autoveicoli, prevalentemente usati, importati da Paesi membri dell’U.E. con evidenti ricadute negative sul mercato.

Il sistema prevedeva la costituzione e l’utilizzo di soggetti giuridici creati ad hoc, secondo lo schema tipico delle frodi carosello: società cartiere venivano interposte tra i venditori esteri ed i reali acquirenti, costituti da autosaloni ma anche privati, al fine di evadere l’Iva sulle cessioni di beni e non versare le dovute imposte sui redditi percepiti. Le società coinvolte, tutte tra Cassino, Castrocielo e Ceprano e formalmente amministrate da prestanome, venivano di fatto gestite dai dominus delle associazioni, riusciti a nascondere ricavi per oltre 19 milioni di euro, ad evadere l’Iva per 5 milioni di euro e le imposte dirette per circa 8 milioni di euro. Non solo. Meccanici specializzati si occupavano se necessario ad alterare il chilometraggio degli autoveicoli per centinaia di migliaia di chilometri così da rendere i prezzi di vendita delle auto ancora più concorrenziali, anche a discapito della sicurezza degli inconsapevoli acquirenti. In alcuni casi le macchine, già oggetto di precedenti passaggi di proprietà, venivano vendute come se fossero appartenute a un unico proprietario, ovvero con una fittizia certificazione che attestava l’effettuazione, in data di poco antecedente alla vendita, di una revisione in realtà mai avvenuta. A completamento del complessivo quadro di pericolosità dei principali indagati e dell’illecito sistema di frode realizzato, si inseriscono altre condotte criminose, quali l’estorsione, il riciclaggio e l’abusiva attività finanziaria.