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Ucciso perchè voleva fare il capo: “Non potevamo fare altre questioni con Zagaria”

 

CASAPESENNA/TRENTOLA.” Voleva fare il capo a Trentola Ducenta ma noi non potevamo fare altre questioni con Zagaria”. Ci sarebbe la volontà di non far saltare la pax mafiosa tra le due famiglie più potenti della storia del clan dei Casalesi, gli Schiavone e gli Zagaria, dietro l’omicidio di Crescenzo Laiso, che ha portato oggi dopo 11 anni all’arresto di 4 affiliati. A spiegarlo è colui che all’epoca del delitto era il capo di una delle due fazioni, Nicola Schiavone, primogenito di Sandokan, ora collaboratore di giustizia e sentito nell’ambito dell’inchiesta.

 

Crescenzo Laiso era in pratica diventato un pericolo per gli stessi Schiavone al punto che si prese addirittura in considerazione l’ipotesi di farlo saltare in aria con un ordigno. L’ordine di far fuori il ras di Trentola partì da Schiavone ma le modalità dell’agguato furono decise dallo stesso comando e furono parimenti efferate.

 

Per l’omicidio avvenuto nel 2010, a Villa di Briano sono state eseguite dai carabinieri del nucleo investigativo, quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal Gip del tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, che ha coordinato l’indagine, nei confronti di Mario Iavarazzo, 46 anni, attualmente collaboratore di giustizia, gia’ da tempo ai domiciliari, Mirko Ponticelli, 35 anni, e Nicola Della Corte di 50, entrambi gia’ detenuti rispettivamente a Saluzzo (Cuneo) e Sulmona (L’Aquila), e Bartolomeo Cacciapuoti, 38 anni, unico libero dei quattro. Determinanti per lo sviluppo dell’inchiesta, le dichiarazioni autoaccusatorie di Nicola Schiavone, figlio primogenito del capoclan Francesco “Sandokan” Schiavone, che da tempo collabora con i magistrati, e di Francesco Barbato, esecutore materiale del delitto.

 

In particolare il rampollo del clan, indagato per l’omicidio, ha raccontato che fu lui stesso a ordinare l’uccisione di Laiso, accusato di aver trattenuto per se’, senza versarlo nelle casse del clan, buona parte del denaro proveniente dalle estorsioni a commercianti e imprenditori. Le indagini dei carabinieri hanno cosi’ permesso di ricostruire la dinamica dell’agguato e i partecipanti; Iavarazzo, Della Corte e Cacciapuoti avrebbero fornito supporto logistico partecipando attivamente alle ricerche della vittima, e segnalandone gli spostamenti ai killer che erano in moto, ovvero il conducente Mirko Ponticelli e l’esecutore materiale Francesco Barbato. Laiso era in auto quando fu raggiunto dal commando, abbandono’ la vettura e provo’ a scappare a piedi, ma fu raggiunto da una raffica di proiettili; alla fine fu massacrato con tredici colpi di arma da fuoco.