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Ex Cava Giglio, Tar ribalta tutto: Comune condannato pure alle spese legali

 

SAN FELICE A CANCELLO. Ex Cava Giglio, il Tar annulla l’Ordinanza del Sindaco di San Felice a Cancello. Il Comune condannato a risarcire le spese legali, perdono effetto le misure adottate dopo il blitz del Gennaio scorso. L’Avvocato Borzillo, “Con questa sentenza si ristabilisce la verità e il TAR della Campania mette fine ad una vicenda triste per gli imprenditori vittime di una assurda e infondata azione amministrativa”

 

C’è un pronunciamento importante sulla spinosa vicenda legata al sequestro della ex Cava Giglio, che ha visto ingiustamente coinvolti Angelo De Rosa, i fratelli Gennaro, Giuseppe, Carmine Gagliardi e Maria Iannone, attualmente proprietari del sito di via Tavernole. Il TAR della Campania, Sez. V, ha infatti pronunciato una chiarissima sentenza contro il Comune di San Felice a Cancello, per l’annullamento della ormai famosa ordinanza del 15 Gennaio 2020 firmata dal Sindaco Giovanni Ferrara, che intimava agli stessi proprietari lo smaltimento della enorme mole di rifiuti depositata – da decenni – nell’area invasa dalle acque stagnanti dell’alveo Arena. 50000 (cinquantamila) metri cubi di materiali finiti nel corso del tempo all’interno della ex Cava e sull’area circostante, non certamente, chiarisce questa sentenza, per responsabilità dei De Rosa e Gagliardi.

 

I ricorrenti, difesi dagli avvocati Alberto Borzillo, Antonio Cremone e dal Prof. Giancarlo Sorrentino del Foro di Napoli, hanno dimostrato secondo il Tribunale Amministrativo Regionale, “che avrebbero potuto fornire all’autorità emanante utili elementi in relazione al recente acquisto del terreno a fronte della risalenza nel tempo della situazione di degrado ambientale (sin dal 1998) e alle concause che l’hanno generata, – nonché – alla necessità di eseguire lavori pubblici per eliminare a monte il fenomeno, attraverso interventi coinvolgenti i vari enti competenti in materia, propedeutici ad ogni altra attività imponibile a carico dei privati”.

 

E’ infatti tristemente nota la storia del sito, divenuto un vero e proprio invaso di raccolta per sversamenti di rifiuti e scarichi abusivi, dopo la frana dell’argine dell’alveo Arena proprio in prossimità della ex cava di tufo. Chiaramente tutto ciò non è risultato addebitabile alle attività degli imprenditori De Rosa e Gagliardi, subentrati nella proprietà del terreno su cui insiste la cava solo pochi anni fa, nel 2016. Il sito è infatti attenzionato dalle autorità già da lungo tempo.

 

Dopo un clamoroso blitz della Polizia metropolitana di Napoli, assistita dalla Polizia Locale e dalla Polizia Giudiziaria che portava ad un ulteriore sequestro dell’area, il sito tornava sulla stampa nazionale, con numerosi servizi giornalistici. Anche se è chiaro quindi come fosse nota ormai da anni la vicenda, il Sindaco di San Felice a Cancello emanava un ordine di smaltimento dei rifiuti della cava e di ripristino dei luoghi contro i De Rosa e Gagliardi. Già il 24 Gennaio scorso gli stessi ricorrenti, in audizione presso la Terza Commissione Speciale del Consiglio Regionale della Campania – “Terra dei Fuochi” – avevano attraverso i loro legali fatto sentire le proprie ragioni contro questa ordinanza ritenuta non solo illegittima, ma irragionevole, sproporzionata, abnorme e ingiusta. Nonostante le contrastanti dichiarazioni di Ferrara fatte proprio in quella sede, l’ordinanza stessa è però rimasta in vigore, ciò obbligava i proprietari a scegliere la via del ricorso al TAR, fino a questa sentenza.

 

Decadono così da oggi tutti gli effetti dell’atto firmato da Ferrara ed il Comune è stato inoltre condannato a rimborsare ai ricorrenti le spese legali. Così l’avvocato Borzillo, che ha seguito sin dalle primissime ore l’intera vicenda, avendo ragione su tutta la linea difensiva: “Con questa sentenza si ristabilisce la verità e il Tribunale Amministrativo della Campania mette fine ad una vicenda triste per gli imprenditori vittime di una assurda e infondata azione amministrativa. Purtroppo per il territorio però è ancora una volta evidente la responsabilità degli enti pubblici. Questi e non privati cittadini avrebbero dovuto bonificare e ripristinare un sito divenuto nel tempo uno sversatoio, dopo il cedimento dell’alveo Arena.”